Gaza: l’Italia si ferma

Lunedì 22 settembre, una buona parte della popolazione italiana si è fermata per solidarizzare con quanto sta accadendo nella Striscia di Gaza. Siamo una nazione che non è mai stata brava ad indignarsi, lo cantava anche Fabrizio De André ne “La Domenica delle salme.” Oggi, forse, la parte migliore di questa nazione ha battuto un colpo che ha risuonato forte. Il genocidio portato avanti dal regime sionista non ha lasciato indifferente la parte sana della nazione, quella che ha ancora un cuore, che non si tira indietro e che ci mette la faccia.
Il vergognoso silenzio del Governo
Mentre la Meloni, intervistata nella rete nazionale parlava di “pastarelle” dinnanzi al Colosseo ma taceva sulle malefatte portate avanti da lei e dai suoi sodali (l’Italia è il terzo fornitore di armi ad Israele), una parte della nazione, stanca dell’ipocrisia dei suoi governanti, grida forte in piazza il suo netto dissenso.
Piazze piene per Gaza
Sono cento le città dove si sono tenute le manifestazioni: Bologna, Livorno, Bari, Milano, Roma, Palermo, Catania e tante altre dove a parlare sono stati i vessilli palestinesi e i cartelloni. Piazze pacifiche e colorate, piazze piene di chi non vuole passare per ignavo quando la storia ci verrà a chiedere il conto.
I media e la distrazione di massa
A Milano si sono verificati degli scontri tra manifestanti e reparto mobile dinnanzi la stazione centrale.
Subito si sono alzati gli alti lai del governo pronto a difendere le forze dell’ordine e ad attaccare i manifestanti, rilanciati anche dai media pronti a focalizzarsi sul singolo caso buono per indignare la parte borghese e menefreghista. Peccato che tale prontezza di sensibilità manchi del tutto quando si tratta di mostrarsi con la schiena dritta davanti alle immagini di sterminio provenienti da Gaza.
Ingobbiti al padrone americano e di conseguenza a quello sionista, i governanti attuali stanno continuando a mantenere il Paese tra gli ipocriti e i pusillanimi mentre altre nazioni, guidati da gente evidentemente più libera e dignitosa, hanno posizionato i loro Paesi dalla parte “umana” della storia.
di Sebastiano Lo Monaco