di Manuela Comito
Sami al-Amsi, direttore della Federazione Generale dei Sindacati, in una conferenza stampa tenutasi giovedì 1 ottobre a Gaza ha dichiarato che circa il 70% dei lavoratori della Striscia di Gaza vive in condizioni di povertà. Amsi ha chiesto al governo di attuare al più presto misure per alleviare la sofferenza della popolazione, coinvolta in quella che ha definito “la peggiore crisi economica degli ultimi decenni”; ha intravisto uno sbocco a questa drammatica situazione nell’apertura dei valichi di frontiera e nell’avvio della ricostruzione, condizioni che permetterebbero di ridurre l’altissima percentuale di disoccupati grazie alla creazione di migliaia di posti di lavoro.
Amsi ha anche puntato il dito contro il governo di unità nazionale che in un anno non è riuscito a mantenere le promesse fatte ai lavoratori riguardo ai programmi di lavoro temporaneo. A maggio 2015 era stato il Fondo Monetario Internazionale a lanciare l’allarme riguardo ai ritardi nella ricostruzione dopo che l’offensiva israeliana “Protective Edge” ha devastato l’intera Striscia e decimato la popolazione tra luglio e agosto 2014.
Allarme ripreso anche dalla Banca Mondiale, tramite Steen Jorgensen Lau, Direttore per il Medio Oriente e il Nord Africa, che ha definito ‘estremamente preoccupanti’ le condizioni attuali e le future prospettive economiche della Striscia. Anche le Nazioni Unite continuano a lanciare appelli che cadono sistematicamente nel vuoto, per la riapertura dei valichi, da cui far entrare sia i beni di prima necessità sia i materiali da costruzione, e per l’avvio della ricostruzione. Solo il soddisfacimento di queste due condizioni, di vitale importanza per gli abitanti della Striscia di Gaza, può scongiurare l’acuirsi di questa drammatica crisi umanitaria e l’innescarsi di un nuovo conflitto.
