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Siria: violazioni e crimini dei gruppi “ribelli”

di Cinzia Palmacci

Amnesty International ha presentato un nuovo rapporto, intitolato “Nessun luogo dove andare. Sfollamenti forzati e demolizioni nel nord della Siria”.

Da questo rapporto emerge che i gruppi “ribelli” sostenuti da Arabia Saudita, Turchia, Qatar, e gli Stati Uniti sono coinvolti in “un’ondata agghiacciante di rapimenti, torture e uccisioni sommarie”, pari ai “crimini di guerra” commessi in Siria. Gli Stati Uniti hanno sventato un tentativo russo alle Nazioni Unite di mettere Ahrar al-Sham nella lista dei gruppi terroristici. Nel frattempo, il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov ha dichiarato il mese scorso che gli Stati Uniti avevano chiesto a Mosca di non colpire le posizioni di al-Nusra in Siria.

Alcuni civili hanno riferito di essere stati minacciati di venire bombardati dalla coalizione a guida Usa se non se ne fossero andati. A luglio e ad agosto, i ricercatori di Amnesty International hanno visitato 14 città e villaggi delle province di al-Hasakeh e al-Raqqa per indagare sui trasferimenti forzati e sulle demolizioni delle abitazioni nelle zone controllate dall’Amministrazione autonoma. Nel febbraio 2015 le Unità per la protezione del popolo (Ypg), l’ala militare dell’Amministrazione autonoma, hanno assunto il controllo della zona, strappandola allo Stato islamico, e hanno iniziato a demolire i villaggi e a trasferire la popolazione. I ricercatori di Amnesty International hanno visitato le rovine di Husseiniya e intervistato testimoni oculari.

Nei villaggi a sud di Suluk, i combattenti delle Ypg hanno accusato gli abitanti di sostenere lo Stato islamico e hanno minacciato di ucciderli se non se ne fossero andati. Sebbene in alcuni casi gli abitanti abbiano confermato la presenza di una manciata di sostenitori dello Stato islamico, la maggior parte di loro non aveva nulla a che fare col gruppo armato. In altri casi, le Ypg hanno ordinato di lasciare i villaggi, altrimenti sarebbero stati bombardati dalla coalizione a guida statunitense. Le Ypg hanno giustificato i trasferimenti forzati sostenendo che il provvedimento era stato preso per proteggere gli stessi interessati o per necessità militari.

Sebbene la maggior parte delle vittime di queste pratiche illegali fossero arabi e turcomanni, in alcuni casi – come nella città a popolazione mista di Suluk, le Ypg e l’Asayish (la polizia dell’Amministrazione autonoma) hanno impedito agli stessi abitanti curdi di tornare alle loro case. Altrove, come ad esempio nel villaggio di Abdi Koy, abitanti curdi sono stati sfollati dalle Ypg.
Intervistato da Amnesty International, il capo dell’Asayish ha ammesso i trasferimenti forzati di civili, definendoli tuttavia “episodi isolati”. Più volte il portavoce delle Ypg ha dichiarato che i civili erano stati trasferiti per la loro sicurezza. Trasferire popolazioni civili in assenza di un’imperativa necessità militare costituisce una violazione del diritto internazionale umanitario.

“L’Amministrazione autonoma deve immediatamente porre fine alle demolizioni illegali di abitazioni civili, risarcire coloro le cui case sono state illegalmente distrutte, cessare i trasferimenti forzati e consentire ai residenti di rientrare e ricostruire le loro abitazioni”, ha concluso Fakih. Amnesty ha dichiarato che il rapporto si basa su 24 resoconti di rapimenti da parte di gruppi anti-governativi tra il 2012 e il 2016 e altri cinque casi di tortura. Inoltre dal rapporto si evince che le potenze regionali devono interrompere immediatamente la fornitura di armi o altre forme di sostegno a tutte le fazioni coinvolte in crimini di guerra o altre violazioni.

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