Fuga dal Sud, via in due milioni
Quella che si sta registrando nel Sud dell’Italia è una fuga dalle dimensioni epocali e leggendo i dati del rapporto Svimez c’è da rabbrividire soprattutto visto il silenzio nella quale è ammantata la situazione: non se ne parla e la politica è lontanissima dalle reali problematiche nella quale quotidianamente si trovano i cittadini italiani e come in questo caso quelli del Sud.
Dal Sud si scappa, a fuggire sono soprattutto i giovani siciliani che abbandonano la propria terra natia per studiare presso università più prestigiose che gli possano garantire un futuro dignitoso e quanto questo non avviene allora si fugge all’estero dove le possibilità di essere accettati per le proprie capacità e non per le conoscenze è maggiore; questione che si trovano ad affrontare anche coloro che sono in condizioni di salute precarie e che necessitano di ospedali funzionanti. Chi non può permettersi di fuggire è costretto a quella che è ormai diventata una forma di sopravvivenza quotidiana tra incompetenze, mancanze di personale e di strutture.
In parole semplici, per vivere al Sud bisogna essere in buona salute e avere un conto in banca che ti consenta di vivere decentemente il tutto, mentre i segnali di un Pil che vuol significare tutto e nulla sono in leggero aumento. Dall’altra parte le arretratezze croniche sono sempre quelle, conosciute da tutti ma non affrontate da nessuno con uno Stato assente che guarda fuggire vie le persone migliori e che vede diminuire anno dopo anno le nascite: nel 2017 si è avuto il sorpasso delle morti rispetto alle nascite.
Nei 16 anni presi come metro di giudizio dal report si legge che in quell’arco di tempo a fuggire dal Sud sono stati un milione e 883mila residenti di cui la metà giovani. Si fugge soprattutto dalla Sicilia, regione fanalino di coda nelle classifiche dove bisognerebbe essere primi e non bastano le granite nel mese di Febbraio a rendere appetibile una regione che ha linee ferroviarie costruite dopo l’unità d’Italia quando va bene. Il rapporto Svimez segnala luci ed ombre e tra le luci si notano i piccoli e difficoltosi passi avanti compiuti dal Sud che tra il 2015 ed il 2017 ha fatto passetti avanti recuperando una piccolissima parte del patrimonio economico andato disperso nella famosa crisi economica.
Il dato del Pil che è cresciuto dell’1,7% fa ben sperare per il futuro ma a volerla vedere tutta è una crescita che va a traino con il nord dell’Italia; mancano gli interventi pubblici che sono fermi: “Con la frenata seppur ancora lieve dell’economia le prospettive per il Sud peggiorano, dichiara Adriano Giannola, presidente Svimez. Per ora tutto tiene, ma i dati che iniziano a circolare sul rallentamento della crescita preoccupano, anche perché il Mezzogiorno continua a portarsi dietro tutte le sue arretratezze”. Insomma “il recupero che c’è stato negli ultimi due anni rischia di saltare nella ‘stagione dell’incertezza’, come definisce la Svimez gli anni che stiamo vivendo. Un rischio che per il Mezzogiorno potrebbe tradursi in una “grande frenata”, tanto che nel 2019, prevede l’Istituto “si rischia un forte rallentamento dell’economia meridionale: la crescita del prodotto sarà pari a +1,2% nel Centro-Nord e +0,7% al Sud.
Vi sono regioni nel Sud che crescono, lentamente, come la Campania e la Calabria, mentre la Sicilia continua ad arretrare visto che si sono fermati anche gli investimenti fissi lordi e con una spesa pubblica che ha accantonato del tutto la questione del mezzogiorno, scesa del 7,1%. Il sud potrebbe essere il laboratorio delle scelte compiute a Roma, non ultima la reintroduzione dei voucher, ma non è questo quello che serve visto che non cambiando le modalità contrattuali che si crea lavoro, soprattutto in regioni disastrate come la Sicilia. Nel Sud sale l’occupazione precaria e in tutto il mezzogiorno l’occupazione è stata contrassegnata quasi ed esclusivamente con i contratti a termine (7,5% pari a 61mila posti), mentre i contratti a tempo indeterminato sono fermi; ebbero un incremento nel periodo degli sgravi contributivi a dimostrazione che è li che si deve trovare la soluzione, infatti non appena si mise un freno agli sgravi gli imprenditori si sono ben guardati da assumere gente con un contratto a tempo indeterminato e finiti i contratti a tempo, chi è rimasto senza lavoro ha preferito andare via lasciando una forza lavoro molto avanti con l’età e allargando la voragine dell’esclusione di una cospicua parte della popolazione totalmente estromessa dal mercato.
Questo ha comportato l’incremento dei nuclei familiari dove tutti i componenti cercano lavoro, sono salite quelle dove almeno vi è un disoccupato, sono aumentate quelle in cui tutti sono disoccupati; non è detto che avere un lavoro ti metta al riparo dei pericoli, infatti nelle regioni del Sud dove si può toccare con mano i fenomeno dei “Working Poor”, gente occupata ma povera in quanto ricevono delle paghe da fame che non li fanno uscire dalla soglia della sopravvivenza. Molti sono costretti ad accettare il part time che è diventata pratica corrente in quelle poche imprese che ancora riescono ad assumere.
Disagio economico che si porta dietro il disagio sociale arrivando a far definire gli italiani del Sud “popolazione a cittadinanza limitata” in quanto si ha difficoltà ad usufruire dei diritti fondamentali, la vivibilità è scadente quanto nulla, i servizi sanitari quando non sufficienti del tutto assenti. Nel comparto socio-assistenziale il ritardo riguarda sia i servizi per l’infanzia che quelli per anziani e non autosufficienti. Ma è l’intero comparto sanitario che presenta differenze in termini di prestazioni, che sono al di sotto dello standard minimo nazionale. E i viaggi della speranza, da Sud verso gli ospedali del Nord ne sono la conferma, soprattutto in alcuni campi di specializzazione.
Vivere al Sud quindi ha un costo non indifferente di tempo e fatica, il più delle volte ci si trova dinnanzi una popolazione stremata e sfiduciata che vota più per disperazione che per convinzione, nella speranza sempre vana che da Roma possa arrivare il miracolo che cambi una situazione ormai del tutto incancrenita.
di Sebastiano Lo Monaco