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Fra Troika e Tsipras la Grecia si avvia alla rovina

di Salvo Ardizzone 

Lunedì, dopo cinque settimane di chiusura, è stata riaperta la Borsa di Atene; un patetico rito per raccontare una normalità che non esiste: malgrado regole e limitazioni stringenti volute dalla Bce per evitare il peggio, è stato un crollo di dimensioni senza precedenti, oltre il 16% di calo, con i titoli bancari arrivati a perdere fino al 30%; una debacle proseguita il giorno dopo. Ed era ovvio che accadesse, rispecchia la reale situazione di un Paese ormai in caduta libera, stretto fra le punitive ricette della Troika (imposte da Berlino) e le contraddittorie misure prese da un Governo semplicemente irresponsabile.

Nelle prossime settimane Tsipras e i creditori metteranno a punto il terzo pacchetto di “aiuti” (leggi debiti per ripagare debiti) da 86 Mld fino al 2018. Peccato che tutti sappiano (ma si guardano bene dal dirlo) che è non solo sbagliato come intervento, ma anche drammaticamente insufficiente.

Nelle valutazioni fatte il 10 luglio, la Commissione Ue valutava per il 2015 una perdita del già falcidiato Pil greco fra il 2 e il 4%, ma nel farlo, non ha tenuto in alcuna considerazione gli effetti della lunghissima chiusura delle banche e dei draconiani limiti ai prelievi, tutt’ora in vigore per evitare che le banche siano prosciugate dal residuo di liquidità di cui ancora dispongono.

Da fine giugno i Greci hanno smesso di acquistare beni che non fossero di assoluta necessità o alimentari, ed anche questi con estrema parsimonia. L’impatto è stato enorme: l’intera economia s’è paralizzata, con un crollo verticale dell’attività manifatturiera e dei consumi.

Su questa situazione disastrosa, si sono abbattuti gli aumenti dell’Iva, dei prelievi sulle pensioni e a breve seguiranno le nuove misure imposte dai creditori. In un simile quadro, sarà già tanto se quest’anno la caduta del Pil greco si fermerà fra il 7 e l’8%; un’enormità più che doppia di quanto preventivato e su cui s’erano basate le stime per gli “aiuti”.

In poche parole, l’accordo su cui si sta discutendo già adesso è largamente superato dalla realtà: servirebbero molti più soldi, ma con l’economia ormai ferma e in assenza di misure per rianimarla, sarebbe come buttare acqua in un secchio sfondato. Così, quando l’evidenza s’imporrà a tutti, comincerà un nuovo atto di questa tragica farsa: nuovi negoziati per nuovi aiuti, nuovi sacrifici imposti per contropartita e nuova caduta del Pil in una spirale infernale.

La Grecia è ormai imprigionata senza scampo in un meccanismo destinato a stritolarla. Nell’ottusa quanto egoistica ottica tedesca, i pericoli di instabilità derivanti dal collasso greco sono secondari; è molto più importante imporre il proprio modello economico, quello che ha garantito alla Germania enormi utili a scapito degli altri appartenenti dell’Eurozona. Riducendo Atene a un protettorato privo di sovranità, ha ammonito Parigi e Roma, e questo per lei conta.

Ma non è solo Berlino la responsabile della distruzione dell’economia greca e dell’umiliazione di una Nazione, che per questo continuerà a pagare un prezzo altissimo per anni e anni.

Dopo aver promesso sfracelli in campagna elettorale, Tsipras non ha mantenuto nessuna delle sue promesse; non ha affrontato uno che sia uno dei problemi veri che affossano il Sistema Paese greco (corruzione, privilegi concessi a piene mani ai settori più redditizi, evasione fiscale, pubblica amministrazione marcia e inefficiente, sistema pensionistico squilibrato, etc.).

Dando prova di impreparazione, inettitudine e dilettantismo, senza avere nessun progetto ha condotto il suo Popolo a sbattere; con un incredibile cinismo, in tutta questa vicenda di una cosa sola s’è curato: mantenere il potere.

C’è riuscito e adesso gestirà l’inevitabile rovina del proprio Paese; ogni protettorato ha il suo docile collaborazionista che lo regge.

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