Finisce la fuga di Ntaganda, il “Terminator” congolese
La notizia ha percorso il giro del mondo in un lampo, visto che ha decisamente del clamoroso: una delle figure più controverse della storia recente dell’Africa, Bosco Ntaganda, il cui nome di battaglia è “Terminator”, si è spontaneamente consegnato alla Corte Penale Internazionale.
Ricercato dal 2006, Bosco Ntaganda già dal 1990, ad appena 17 anni, fa parlare di se in Ruanda, unendosi al Fronte Patriottico ruandese, il gruppo tutsi che dopo il genocidio del 1994 e la conseguente fine della guerra civile, prenderà il potere nel piccolo Paese africano.
Bosco Ntaganda ha spesso fatto parlare di se per i propri metodi brutali con il quale ha condotto la guerriglia tra il Congo, precisamente nella regione del nord Kivu, ed il Ruanda; nel 2008 è divenuto capo del Congresso Nazionale per la Liberazione del Congo, a seguito dell’arresto di Laurent Nkunda ed il 23 marzo 2009 è giunto ad un accordo con il governo centrale congolese.
Nonostante all’epoca già da tre anni avesse il mandato di cattura internazionale, si narra come “Terminator” abbia avuto frequentazioni importanti non solo nel suo Paese, ma in tutta l’Africa, arrivando anche ad allacciare relazioni internazionali per via dei minerali di cui è in possesso il Nord Kivu.
Poi nel febbraio 2012, arriva la rottura con il governo centrale e fonda il “Movimento 23M”, ispirato alla data degli accordi del 2009, con il quale prende possesso di Goma, capoluogo del Nord Kivu. Ma all’interno dello stesso movimento nascono dilanianti contrasti tra chi voleva il dialogo con il governo congolese e chi invece, come Ntaganda, voleva continuare la guerra ad oltranza.
Vince la prima fronda ed allora il Terminator congolese ripara in Ruanda; lunedì la fine della sua fuga: si è consegnato presso l’ambasciata statunitense di Kigali, capitale del Ruanda.
Da lì, Ntaganda avrebbe dichiarato, il condizionale è d’obbligo, di voler essere consegnato direttamente alla Corte Penale Internazionale e sarebbe intenzionato a collaborare per il processo, che lo vede imputato anche, tra le altre cose, per aver costretto diversi bambini ad arruolarsi. Anche qui il condizionale è d’obbligo, visto che alcune testimonianze negherebbero tali circostanze.
Di sicuro, sarà curioso vedere un uomo che custodisce molti segreti della storia recente dell’Africa, avere l’opportunità di sviscerare molti episodi dinnanzi ad una platea internazionale costituita dal Tribunale dell’Aja.