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Fake news: Facebook rinuncia alle bandierine rosse

Facendo marcia indietro rispetto alle dichiarazioni iniziali, Facebook rinuncia a contrassegnare le fake news con i simboli delle bandierine rosse.

Il social network ha deciso di cambiare strategia, ritenendo addirittura controproducente il vistoso contrassegno apposto su una bufala. Secondo gli esiti di diversi studi condotti da esperti del settore, infatti la bandierina rossa potrebbe invogliare i visitatori a cliccare sulla notizia falsa che, in tal modo, eserciterebbe comunque una qualche influenza sul formarsi della pubblica opinione.

A detta dei manager di Facebook, uno strumento molto più efficace sarà costituito dal mostrare articoli correlati alle false notizie, in modo da consentire agli utenti di avere una completa conoscenza dei fatti. In questa maniera, sostiene l’azienda, si creerà più contesto e quindi minore possibilità di visibilità per la notizia falsa.

Un modo di fare debunking, ossia smascherare notizie false, che però non impedisce agli utenti di cliccare comunque sulla bufala e prenderne visione. Si tratta, in concreto, di una sorta di resa da parte della società di Zuckerberg, un ammorbidimento su tutta la linea, almeno rispetto alle bellicose dichiarazioni iniziali di lotta senza quartiere alla diffusione delle fake news sulla propria piattaforma.

Tutto viene dunque affidato al buonsenso del lettore, alla sua capacità di discernere ed analizzare la genuinità delle fonti. Una fiducia che sembra avere un disarmante retrogusto di ingenuità, dato che la virale diffusione delle fake news pare doversi imputare, più alla sprovvedutezza di chi legge e condivide, che alla diabolica abilità di chi le crea.

Il popolo medio del web e di Facebook in particolare, sembra non avvertire particolarmente l’urgenza di approfondire e verificare cosa sta leggendo e condividendo; si ferma ai titoloni, possibilmente ridondanti e ad effetto, meglio se grondanti populistica indignazione. Molte volte basta una foto, un’immagine, magari ritoccata ad arte ed ecco che in quei casi non è necessaria neanche una didascalia, non si arriva nemmeno a cliccare sull’immagine stessa per verificarne la fonte. Dopo qualche secondo dalla loro apparizione questi prodigi della comunicazione 2.0 producono quantità smodate di condivisioni, che a leggerne qualcuno, ci si crea un quadro antropologico inquietante. Violenza verbale, ignoranza ed analfabetismo funzionale si presentano come spirali di un unico immenso gorgo comunicativo che sembra voler assorbire pensieri e coscienze di chi legge e partecipa all’assurdo dibattito.

Un Leviatano nato dal volere non già divino, ma subdolamente umano di chi, profittando della sfibrata capacità critica dell’utente medio, sta facendo della disinformazione uno strumento di sistematica ed infallibile destrutturazione della società e dell’opinione pubblica.

di Massimo Caruso

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