Facundo Huala, il lonko mapuche, estradato in Cile
Il tribunale di Bariloche, città della regione del Rio Negro nella Patagonia argentina, ha deciso di accogliere la richiesta di estradizione in Cile di Facundo Jones Huala, lonko (leader politico) della comunità mapuche Pu Lof in Resistenza di Cushamen, nei pressi di Esquel, regione del Chubut (Argentina).
L’applicazione della sentenza di estradizione è stata sospesa per consentire il ricorso alla Corte Suprema di Giustizia da parte della difesa del leader indigeno che chiederà anche la sua scarcerazione. Sulla testa del lonko pende dal 2013 un ordine di cattura firmato dal giudice federale di Bariloche, Gustavo Villanueva, per alcuni fatti accaduti quello stesso anno nella regione dell’Araucania (Cile): dalla detenzione illegale di armi e munizioni di fabbricazione artigianale all’incendio di una casa nel fondo Pisu Pisuè, a San Bueno del Cile. Insieme a lui erano finiti in manette altri cinque mapuche cileni, scarcerati però dopo pochi mesi per mancanza di prove.
Nell’agosto 2016, Facundo Jones Huala si ritrova imputato nel primo processo per la definizione della richiesta cilena di estradizione ma, a causa delle accertate torture da parte della polizia subite tempo prima da un testimone chiave, Gonzalo Cabrera di Gualjainam, nel dipartimento di Cushamen, affinché rendesse false dichiarazioni, il giudice federale di Esquel, Guido Otranto, ritiene di non accogliere la richiesta e così il lonko viene rimesso in libertà.
Alle udienze era presente anche il Premio Nobel per la Pace, Adolfo Pérez Esquivel, sempre vicino alle lotte dei popoli nativi [1]. La decisione del tribunale di Bariloche dello scorso 7 marzo ha generato scontento ed inquietudine nella comunità mapuche che anche nella Patagonia argentina lotta per il recupero delle terre ancestrali ora di proprietà di imprese straniere, tra cui l’italiana Benetton.
Facundo Jones Huala si è sempre dichiarato innocente ed il suo avvocato, Sonia Ivanoff, specializzata nella difesa dei popoli indigeni e vicepresidente della Aadi (Asociación de Abogados/as de Derecho Indígena de la República Argentina) ha dichiarato: “Il giudice Villanueva ha dato la sensazione di avere preso la decisione a prescindere, senza nemmeno ascoltare la nostra posizione”.
Durante l’udienza Facundo, in sua difesa, ha affermato: “Qui non c’è terrorismo, qui c’è un popolo stanco, che si difende con quello che ha: un arsenale di pale, machete, motoseghe, arnesi da lavoro. Siamo gente che lavora. Questi stessi attrezzi hanno costruito questa palestra. Cosa possiamo aspettarci dalla giustizia corrotta di un altro Paese, quando uno percepisce che è la stessa legge della dittatura, del dittatore Pinochet del 1975 [2]? È totalmente incostituzionale. Cosa possiamo aspettarci da un Paese che non può garantire la giustizia e il giusto processo con i diritti costituzionali. Continuerò ad incitare tutti i miei fratelli mapuche a sentirsi orgogliosamente mapuche, che non dimentichino il coraggio di Rafael Nahuel [3] e che seguano il suo cammino. Se io non fossi stato malato sarei stato lì dove si trovava Rafael. Non mi importa di essere in prigione per la mia gente. Questo sono, sono quello che ci ha lasciato Calfupan. Siamo i loro figli, nipoti, i loro discendenti e in questa terra continuerà a nascere sangue mapuche. Questa terra è, è stata e continuerà ad essere territorio mapuche. I Mapuche continueranno a organizzarsi politicamente in entrambi i versanti della cordigliera, non importa se sono in prigione o no. Dicono che siamo terroristi, ma noi non lo siamo. Io chiedo, se siamo terroristi, dove sono i morti? I morti sono sempre nella nostra comunità. Se questo non è un processo politico, cos’è ?”.
All’udienza di Bariloche è presente anche Nora Cortiñas, cofondatrice delle Madri di Plaza de Mayo. Ad agosto dell’anno scorso era sul luogo dove Santiago Maldonado fu vittima di una sparizione forzata, su una delle sponde del fiume Chubut, nei territori della comunità mapuche di Pu Lof Cushamen, sulla Routa 40, a circa 80 chilometri dalla città di Esquel. Nora è una donna di quasi 90 anni di forte personalità e grande integrità. Da quando suo figlio è ‘desaparecido’, come tanti altri durante la dittatura argentina, porta avanti la sua lotta per la Giustizia. Nora Cortiñas porta al collo la foto di suo figlio scomparso, è stata accanto alla famiglia Maldonado nella lotta per la verità sulla morte di Santiago e a fianco delle comunità indigene. Cause che non hanno frontiere.
Con il suo emblematico fazzoletto bianco sulla testa ha parlato con i membri delle comunità mapuche, partecipando alla mobilitazione in appoggio al lonko ed esprimendo liberamente i suoi pensieri, è una militante di ferro.
“L’arringa di Facundo è una scuola di buon senso – ha dichiarato Nora – perché realmente non hanno trovato quello che volevano per accusarlo. Non possono inventare. Non sono soli i Mapuche nella Patagonia. Loro volevano trovare qualche appiglio per giocare a tradimento. Il discorso del lonko è stato molto intelligente. In Cile non è stato possibile dimostrare il reato del quale era accusato. Il Lonko deve essere liberato… Questa repressione permanente contro le comunità indigene è vergognosa”.
di Patrizia Larese
[2] In Cile è in vigore la legge antiterrorismo emanata da Pinochet nel 1975 e, secondo questa legge, Facundo rischia fino a 18 anni di carcere.
[3] Rafael Nahuel, giovane mapuche di 22 anni, ucciso dalla polizia a dicembre 2017 durante una manifestazione nella località di Villa Mascardi, Bariloche.