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Cara Europa, la vergogna copre la tua ipocrita indignazione

Quella che sta andando in scena sui migranti in Europa, è la peggior dimostrazione di cinico egoismo e ottusità, da parte di governanti indegni di questo nome e spezzoni di popolazioni dalla memoria corta. Per lucrare facili consensi, politici inetti, incapaci di guidare Nazioni e darle un progetto di credibile sviluppo, cavalcano la paura del “diverso”, additando quelle legioni di disperati come il “nemico” a chi s’è dimenticato di un passato neanche remoto.

Eppure, fra vecchi leghisti e nuovi acquisti dell’ondata xenofoba, in molti dovrebbero ricordare come un tempo erano i veneti a fuggire per abbandonare fame e stenti. E che dire dei magiari, che ora innalzano muri e reticolati contro cui si schiacciano donne, bambini, gente in fuga dalla guerra? Sessant’anni fa erano loro a fuggire dall’Armata Rossa che aveva schiacciato nel sangue la loro rivolta. Cosa sarebbe accaduto se i vicini avessero risposto come loro fanno adesso, invece di aprire le frontiere?

Le immagini che si succedono dovrebbero scuotere anche chi preferisce voltare la testa: un bambino annegato su una spiaggia di un’isola greca; centinaia di disperati che annaspano in mare dopo l’ennesimo naufragio; famiglie marchiate con un numero, come nei tempi più bui; marce di colonne senza fine di gente che tutto ha perso, se non la speranza di un futuro migliore, quale che sia. Gli esempi si sprecano purtroppo, restano i fatti.

L’Europa ha visto crescere il problema, giorni dopo giorno, anno dopo anno; prima l’ha semplicemente ignorato, poi sottovalutato, adesso che ne è investita i singoli Governi strepitano in un crescendo d’isterico egoismo.

La stazione di Keleti a Budapest ne è l’emblema: migliaia di migranti, nella gran parte profughi siriani, afghani e di altri Paesi lacerati dalla guerra, per giorni in attesa di poter prendere un treno che li porti via da quel luogo che non li vuole e dove non vogliono rimanere; dall’altra parte, poliziotti in assetto antisommossa che li fronteggiano e spesso li caricano senza risparmiare manganellate e lacrimogeni in obbedienza al Governo di Viktor Orban, un populista che su queste porcate ha costruito le sue fortune.

Adesso ne hanno studiata un’altra: per evitare il ripetersi dei feroci scontri, ripresi in diretta dai media di tutto il mondo, ogni tanto permettono che ne salgano alcune centinaia su un treno, salvo fermarlo alcune di decine di chilometri più avanti lontano da telecamere e testimoni imbarazzanti; là fanno scendere quei disgraziati per avviarli in qualche campo. Scene che ricordano troppo tempi passati.

Dinanzi a questo fenomeno epocale, l’Europa semplicemente non esiste: la sua cosiddetta dirigenza balbetta formule di rito prive di sostanza; i Governi urlano proclami e riempiono le frontiere di muri e reticolati che, a prescindere dalla vigliaccata, non risolvono un bel niente.

Malgrado l’argomento sia così tragico, è semplicemente ridicolo pensare che un Continente con mezzo miliardo di abitanti; con il Pil, sia pur acciaccato dalle ottuse politiche che s’è imposto, più alto di qualunque altra area al mondo, possa sentirsi minacciato, travolto da questi eventi.

È la totale assenza di politiche condivise, anzi, di politiche quali che siano, a fare la differenza, la mancanza di una classe politica degna di questo nome; sciacalli come Viktor Orban e gli altri nei vari Stati (pensiamo ai Salvini, Le Pen e compagnia) non avrebbero ragion d’essere se non come ridicole macchiette.

Un’area come l’Europa, avrebbe tutto il peso e le risorse per intervenire (ma seriamente) nelle crisi da cui fuggono questi disperati; crisi peraltro, come ad esempio quella libica e le tante del Sahel, di cui i Paesi europei sono tutt’altro che immuni da colpe. E quanto all’accoglienza, l’Europa, se non fosse un ectoplasma irrilevante, avrebbe tutte le capacità di governare il fenomeno, rendendolo non fisiologico (non lo è di certo) ma sostenibile.

Adesso assistiamo all’ultima farsa di un documento congiunto di Germania e Francia a cui s’è aggiunta l’Italia, da sottoporre alla riunione straordinaria del 14 settembre. E già s’è alzato lo sbarramento dei Paesi dell’Est Europa, dei Baltici e dell’Inghilterra contro di esso, gli stessi così pronti a coinvolgere tutti gli altri (su mandato di Washington che li manovra) nelle sanzioni suicide alla Russia.

Finirà com’è ovvio che finisca, con polemiche furiose, tante parole e pochi, pochissimi risultati concreti, già largamente superati dai fatti che non attendono le sceneggiate di Bruxelles. Al di là delle chiacchiere insulse, la Ue sconta il suo peccato originale d’essere nata come un’entità economica e commerciale volutamente incompiuta, di cui si è presto impadronita la Germania; per il resto non esiste.

Restano quelle immagini, quelle notizie di naufragi e morte, quella gente trattata come bestie: molti pensano ancora di poter guardare altrove, di potersi isolare dietro un muro, ma fra poco, quello sconcio permesso dall’egoismo e dall’indifferenza li raggiungerà comunque.

di Salvo Ardizzone

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