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Emma Bonino in Libano e Gibuti tra emergenza profughi, lotta al terrorismo e tutela diritti umani

Due giorni intensi per il ministro degli Esteri italiano, Emma Bonino, in missione in Libano e nella Repubblica di Gibuti, a portare la voce italiana in perfetta linea con le scelte in politica estera dell’agenda 2020. L’instabilità del Libano e la crisi siriana con la conseguente emergenza profughi sono stati i temi al centro della missione in Libano di  Emma Bonino e dei suoi incontri istituzionali con il Presidente Michel Suleiman, il Presidente del Parlamento Nabih Berri, il Primo ministro dimissionario Nagib Mikati e il ministro degli Esteri Adnan Mansour.

Sullo sfondo la crisi siriana e la necessità di “aprire l’accesso agli aiuti umanitari in alcune zone, dove sette milioni di persone ne sono totalmente prive”, ha sostenuto la Bonino, aggiungendo “Accoglierne 2-300 in Italia, non risolverebbe il problema. La soluzione deve essere politica”.

Proprio per contenere il disagio del conflitto siriano in Libano, tormentato da una lunga crisi e dai recenti attentati a Beirut, “l’Italia è interessata a organizzare una conferenza per il rafforzamento delle Forze armate libanesi” ha ribadito la Bonino, dopo l’annuncio fatto nella visita di dicembre dal premier Letta. Una prima riunione “tecnico-militare” si terrà entro marzo, mentre tra aprile e maggio la riunione “a livello politico”.

La missione in Libano arriva all’indomani della conferenza a Roma per gli aiuti umanitari in Siria che vive una crisi ormai “inaccettabile”, visto che il Libano ha accolto un milione di profughi siriani, pari a un quarto della popolazione libanese. Sempre a proposito della Siria preoccupa la questione delle armi chimiche, il cui trasporto da Homs a Latakia “avviene con il contagocce. Lo stesso consiglio esecutivo dell’Opac ha reso molto chiaro che questo ritardo non è più accettabile”, ha affermato Emma Bonino da Beirut,  riferendo anche che il carico di agenti chimici che dovrà transitare a Gioia Tauro “non è ancora partito perché le navi non sono state caricate”. La missione diplomatica in Libano si è conclusa con una visita al contingente italiano dell’Unifil, nel sud del Paese, di cui l’Italia si è offerta di guidare fino al 2015 la missione di interposizione tra Libano e Israele.

Nell’altra tappa di Gibuti, Emma Bonino non usa mezzi termini nel suo intervento alla Conferenza “Per una regione senza Mutilazioni Genitali Femminili”, “una violazione dei diritti umani, una violenza mai giustificata con conseguenze sanitarie ed emotive drammatiche” che “tocca anche l’Occidente, il mio Paese, non solo l’Africa. Da diversi anni l’Italia è tra i Paesi più impegnati contro questa tragedia ed è una priorità condivisa dal governo, dal parlamento e dalla società civile. L’Italia ha adottato una legislazione molto severa ed ha lavorato per mettere la questione al centro del dibattito europeo”, ha spiegato il ministro davanti a una folta e colorata platea di uomini e donne.

Al grido, scandito ripetutamente, di “rejeté” (respinto), alcune centinaia di donne presenti nella sala in cui si svolgeva la seduta conclusiva della conferenza sub-regionale di Gibuti, hanno rigettato il documento con il quale gli “Ulema” (studiosi) musulmani avevano ammesso la possibilità di continuare la pratica della mutilazione genitale. Subito dopo la cancellazione di una parte del documento da parte del ministro Mogueh Dirir Samatar, il primo ministro gibutino, Dileita Mohamed Dileita, ha annunciato la ratifica da parte del governo del Protocollo di Maputo, che sancisce il divieto in tutta l’Africa della pratica della mutilazione genitale.

Lasciata la conferenza, il ministro degli Esteri chiarisce il perché della sua visita nella Repubblica del Corno d’Africa. “Gibuti è un punto strategico dal punto di vista geografico, un punto importante anche per la Somalia in un momento di grandissima fragilità che sembrava avere momenti più positivi ma che dagli Shabaab in poi pone problemi per tutta la regione”, ha dichiarato la Bonino prima di incontrare il presidente del piccolo Stato africano, Ismail Omar Guelleh. Qui a Gibuti “abbiamo quasi finito di costruire la base militare che speriamo di rendere operativa al più presto. Bisogna usare questi rapporti che abbiamo perché è un punto di avvio per mettere un argine al terrorismo e alla pirateria, elementi che si riflettono sulle nostre coste”, ha aggiunto la titolare della Farnesina. “Con Gibuti, che è un altro Paese di passaggio, stiamo mettendo a punto un progetto contro il traffico degli esseri umani che è poi quello che abbiamo visto sbarcare sulle nostre coste”, ha riferito la Ministro dopo l’incontro con il collega della Giustizia gibutino, Ali Farah Assoweh. “Si tratta di un progetto – ha precisato – su cui coinvolgere l’Unione europea e che sarà parte importante delle priorità del nostro semestre di presidenza”.

Non resta per Emma Bonino che concludere la missione diplomatica con la visita alla base militare italiana di Gibuti,  “prima vera base logistica operativa” delle forze armate italiane fuori dai confini nazionali. Sarà il quartier generale dei marò impegnati nella protezione dei cargo dagli attacchi dei pirati, la base di team di forze speciali pronte a vari tipi di interventi, dall’antiterrorismo alla liberazione di ostaggi.

“Non è un caso, del resto, se molti Paesi, dal Giappone alla Francia, agli Stati Uniti, hanno istallato qui delle loro basi militari. Ora ci siamo anche noi. E ci saremo per molti anni”, ha affermato l’ammiraglio Binelli Mantelli. E i soldi? Secondo lo stesso Binelli  per una volta non sono un problema. E l’investimento, comunque, vale la pena. “La nostra presenza qui è di fondamentale importanza, e costa tre milioni l’anno. Se non possiamo permetterci nemmeno questi tanto vale che andiamo a fare i ferrovieri”. E intanto il nostro Paese va in rovina!

di Cristina Amoroso

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