Emergenza migranti, la situazione italiana
L’emergenza migranti è stata ed è il filo conduttore della perenne campagna elettorale del partner di governo dei 5Stelle, quella Lega che Salvini ha “denordizzato” regalandogli un profilo più nazionalista e soprattutto radicato nei territori; non è un caso se in regioni come Calabria, Sardegna, Puglia, Sicilia la Lega abbia ottenuto dei risultati del tutto impensabili sino a qualche anno fa. Eppure Salvini non ha fatto nulla per nascondere le sue esternazioni sulle genti del sud, dalla famosa canzone su napoletani colerosi sino alle esternazioni sui giovani del sud che non hanno voglia di lavorare, ma le popolazioni del sud hanno ricacciato tutto nel dimenticatoio grazie ad una massiccia campagna basata sul nuovo nemico: il migrante.
Ma è reale l’emergenza che viene sbandierata quotidianamente su tutti i televisori ad orario di cena? Bisognerebbe allora mettere da parte l’emotività ed iniziare a parlare di numeri e partire dai dati dell’Ocse e soprattutto dell’International Migration Outlook 2018; da essi risulta che in Italia il numero delle persone alla quale è stato fornito un permesso di soggiorno è drasticamente diminuito e si attesta poco sopra i 250mila e se si paragona al dato del 2000 che erano mezzo milione si scopre che rispetto a 18 anni fa il numero è dimezzato.
Questo numero contiene tuttavia due tendenze opposte. Da un lato registriamo un notevole calo di coloro che vengono in Italia per ragioni di lavoro, dall’altro invece proprio dal 2014 crescono i permessi di soggiorno concessi ai richiedenti asilo. Il calo si è verificato per tutti i generi di impiego: sia permanenti che stagionali. Per parte loro, i permessi concessi per ragioni di protezione internazionale erano rimasti a lungo sotto le 50mila unità l’anno, per poi arrivare a un massimo poco sopra le 120mila nel 2016.
La somma di queste tendenze opposte è nel complesso un netto calo nel numero totale degli ingressi, il compito della politica sarebbe di mettere la popolazione a conoscenza di ciò cosa che puntualmente non accade. Per essere precisi i dati dell’Ocse riguardano i permessi di soggiorno concessi ed escludono quindi i flussi da Paesi membri dell’unione.
Per avere un confronto e decidere se sono numeri piccoli o ancora grandi, basterebbe metterli accanto a quelli delle altre grandi nazioni del continente e in nessuno di questi casi l’Italia risulta tra le nazioni a maggiore densità d’immigrazione e tra le nazioni che hanno una stessa grandezza come popolazione; solo la Francia ha presentato un numero di permessi inferiore a quello italiano. Paragone che non si può fare con nazioni come la Germania o la Svezia anche se questa ne ospita otto volte meno della Germania c’è da considerare che è anche otto volte più piccola.
Come nel caso dell’Italia, anche in Germania una parte importante nella crescita del numero di permessi di ingressi si deve alla crisi migratoria cominciata nel 2014, tanto che nei soli due anni successivi ha ricevuto oltre un milione di richieste di asilo contro le poco più di 200mila dell’Italia.
Se poi nel quadro includiamo nazioni più piccole come Austria o Svezia, il peso sopportato dall’Italia si ridimensiona ancora di più. Relativamente alle loro piccole dimensioni, in ciascuna di queste due i flussi di richiedenti asilo fino al 2016 sono risultati diverse volte superiori che nel nostro Paese, sia per quanto riguarda il numero totale di ingressi che nel caso specifico di chi ha chiesto asilo politico.
Questo potrebbe spiegare anche la differenza che si può notare nella frequenza degli sbarchi e quello dei richiedenti asilo che è altissimo nei Paesi del nord Europa: insomma chi arriva in Italia non arriva perché la vede come una meta appetibile ma in quanto nazione più vicina, di passaggio per poi dirigersi con ogni mezzo verso l’Europa del nord dove in molti casi avviene quel tanto desiderato ricongiungimento familiare; è automatico allora che il peso dell’accoglienza a lungo termine non ricade sulle spalle dell’Italia che si limita ad operazioni di salvataggio e prima accoglienza in quanto nazione prima coinvolta negli sbarchi.
Se il resto del 2018 dovesse proseguire com’è cominciato, le richieste di asilo torneranno con tutta probabilità a livelli più vicini alla media storica.
di Sebastiano Lo Monaco