Elezioni presidenziali a Panama: vince Varela
Domenica scorsa il 51enne Juan Carlos Varela, grande imprenditore e appartenente all’oligarchia locale, ha ribaltato i pronostici vincendo le elezioni presidenziali a Panama. È il leader del conservatore Partido Panamenista e fino al 2011 è stato Ministro degli Esteri dell’Amministrazione Martinelli, l’ex Presidente miliardario (è l’uomo più ricco del Paese), grande sconfitto di queste elezioni. Non potendosi ricandidare, aveva messo in lizza praticamente un prestanome, il 31enne José Domingo Arias, oltre che la propria moglie nelle liste del Partito del cambio democratico, “suo” in tutti i sensi. Arrivato terzo c’è Juan Carlos Navarro, del Partito Democratico (riformista) ed ex sindaco di Panama City.
Varela s’insedierà a luglio, ma non cambierà molto rispetto alla linea precedente; Panama conosce una notevole crescita (+ 8,5% l’anno scorso) ed archiviata a marzo la stucchevole controversia con il consorzio europeo che sta ampliando il canale (suscitata da Martinelli per raggranellare consensi in vista delle elezioni), investimenti e capitali continueranno ad affluire in un Paese che ha fatto sforzi per aprire l’economia, avere finalmente una disciplina fiscale e tenere il deficit sotto controllo. I programmi dei tre partiti erano assai simili e di diverso ci saranno solo misure di facciata o assistenziali, che danno consenso in un Paese che ha pur sempre almeno un 30% della popolazione sotto la soglia della povertà. Solo in politica estera si muoverà qualcosa: riallaccerà i rapporti con Caracas e inviterà la delegazione cubana al summit dell’Osa (Organizzazione degli Stati Americani) che si terrà a Panama nel 2015. Ma attenzione, sono e saranno cambiamenti di facciata, perché gli osservatori son concordi a dire che il cammino di Panama rimarrà lo stesso.
La vera sfida per Varela sarà sostenere uno sviluppo forte ma disordinato e diminuire le forti diseguaglianze (ammesso che s’interessi a farlo al di là di bei gesti). Come detto, la sconfitta di Martinelli nel Paese ha fatto rumore; conosciuto in Italia per i rapporti con Lavitola, Berlusconi o Finmeccanica, fin’ora aveva gestito Panama con la sua rete di interessi.
Al di là della cronaca c’è da osservare come, dietro ai due partiti che effettivamente si contendevano la vittoria, c’erano solo due gruppi di potere fondati su uomini che ne erano a capo essenzialmente per il denaro, la potenza e la visibilità; è triste per quel lontano Paese, ma a noi ricorda qualcosa di più vicino.