Egitto, si infiamma nuovamente la rivolta
Il quarantesimo anniversario della vittoria egiziana nella guerra dei sei giorni (1973 – 2013), dove l’Egitto riconquistava il Sinai dopo la sua perdita nel 1967, ha portato con se una carica emotiva e politica tale da riaccendere proprio in questi giorni la protesta dei pro Mursi.
L’evento storico nazionale non è caro solo all’esercito, guidato oggi dal principale fautore del golpe militare del luglio scorso, il capo di stato maggiore Abdel Fattah el Sissi, ma all’intera popolazione nazionale e risveglia quelle istanze di legalità, che hanno portato all’ascesa di Muḥammad Mursī ʿĪsā al-ʿAyyāṭ, il carismatico leader dei Fratelli Mussulmani, deposto nel luglio 2013 dopo la sua elezione del 3 giugno del 2012.
Le prime due giornate di scontri dall’anniversario hanno arrecato ben 53 morti, 271 feriti e molte centinaia di arresti al movimento politico dei Fratelli Musulmani, che oggi si identifica con la mano e quattro dita aperte in nero su fondo giallo a voler significare la strage della Moschea di Rabaa.
La fonte ufficiale del Ministero della Sanità egiziano riporta in queste ore la notizia, che a seguito di un agguato sono periti anche cinque militari nella regione di Sharkeya, nel delta del Nilo. Si combatte quartiere per quartiere al Cairo e nelle cittadine di Alessandria e Suez, nonché nei governatorati di Sharqiya e Gharbiya.
Ma il bilancio in queste ore potrebbe salire. Dopo l’autobomba esplosa contro la sede centrale della sicurezza di al-Tour, nel Sinai, e a seguito dell’attacco con razzi Rpg ad una installazione per le comunicazioni satellitari nel quartiere Maadi, nella parte meridionale del Cairo, l’allerta dell’esercito egiziano è massimo. E’ stato inoltre dichiarato anche lo stato di emergenza per l’aereoporto del Cairo, che ha subito ben tre attacchi.
Tra le istanze dei manifestanti dei Fratelli Mussulmani la principale è sempre la liberazione del deposto presidente islamista Muhammad Mursi, attualmente detenuto in una località segreta.
Le fasce popolari e la massa del movimento politico, estromesso a luglio dal golpe militare e dichiarato illegale, ha certamente avuto intenzione di disturbare le celebrazioni con le proprie istanze di libertà e legalità. Altresì appare chiaro che un’ampia frangia dei Fratelli Musulmani sia ora militarmente armata e organizzata, tanto da poter gestire veri e propri attacchi ad obiettivi bellici sensibili nel Paese.
Un clima infiammato inoltre da episodi oscuri ma tipici della destabilizzazione interna ai Paesi in medioriente, già visti altrove gli omicidi di leader moderati, come l’accoltellamento del portavoce del Partito Costituzionale di El Baradei attribuito agli attivisti islamici e certamente fonte di repressione.
In Egitto, purtroppo, non regge la facciata di legalità data dalla nomina di presidente ad interim del capo della Suprema Corte Costituzionale Adly Mahmoud Mansour, e nonostante forse la buona fede del magistrato, là dove il Paese chiede la restaurazione della Costituzione, un Parlamento legalmente eletto e il rispetto dei diritti civili di tutti i cittadini contro l’imposizione militare.