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Africa: omicidi eccellenti delineano i nuovi equilibri nella galassia terroristica

di Salvo Ardizzone

Da qualche tempo, poco più d’un mese, in terra d’Africa è in corso una moria fra i vertici delle formazioni “jihadiste”; uomini che per anni si sono fatti beffe della caccia che, almeno a parole, gli dava mezzo mondo (o fingeva di farlo), adesso cadono uno dopo l’altro vittime di scontri a fuoco e droni. Ai primi di settembre ha aperto la lista Ahmed Abdi Godane, l’indiscusso capo degli Al-Shabaab, spazzato via dagli Hellfire di un drone a Barawe, insieme ad altri otto capi del movimento; per molto tempo aveva chiesto l’affiliazione ad al-Qaeda, sempre negata da Bin Laden a causa della sua inaffidabilità e della inutile crudeltà anche verso la popolazione musulmana; era stato al-Zawahiri a concedergliela dopo la morte di Osama, per rinfoltire un network terroristico ormai in rotta. 

Il 21 settembre è toccato ad Abubakar Shekau, capo di Boko Haram, rimasto ucciso in Camerun durante duri scontri con l’Esercito; Shekau, che in Nigeria contava su una vasta rete di complicità, aveva sempre cercato di mantenere l’autonomia della sua organizzazione, puntando ad obiettivi interni al suo Paese, ma, da qualche tempo, le bandiere nere del “califfato” avevano cominciato a mostrarsi anche laggiù. Pochi giorni prima della sua morte, il 16 settembre, Al-Qaeda nel Maghreb Islamico (Aqmi), che di Boko Haram era stato spesso alleato, aveva annunciato di schierarsi per l’Is issandone i vessilli.

Lo stesso hanno fatto i miliziani libici di Ansar al-Sharia, un tempo fedeli a Osama, che il 7 ottobre sono sfilati a Derna, loro roccaforte, inneggiando ad al-Baghdadi; l’indomani, a Bengasi, viene ucciso uno dei loro massimi capi militari. Il 9 tocca ai comandanti di Ansarbeit al-Maqdis nel Sinai, caduti in uno scontro con l’Esercito egiziano, dopo che per lungo tempo avevano spadroneggiato indisturbati in tutta l’area. 

In tutto il Nord Africa e il Sahel, i gruppi “jihadisti” abbandonano al-Qaeda (un brand ormai inutile e fuori moda) e si affiliano al nuovo network rampante, lo Stato Islamico. I capi che contestano l’operazione, o che vogliono mantenere l’autonomia delle proprie formazioni, divengono improvvisamente “vulnerabili” perdendo d’un colpo la capacità di sfuggire all’occhio dei droni ed ai rastrellamenti delle forze di sicurezza. 

Il “mercato del terrore” sta cambiando in vista dello scontro finale che si delinea, e i dirigenti del nuovo network criminale stringono legami e patti con le “filiali” sbarazzandosi della vecchia concorrenza e degli oppositori, mentre i media continuano a raccontare la favola della guerra globale al terrorismo.     

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