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Egitto. Naufragano nel sangue i sogni di una “Primavera”

di Zenab Muhammad

Caos e violenza dilagano in Egitto, dove gli scontri tra gli oppositori e i sostenitori del presidente egiziano Mohamed Morsi, continuano in tutto il Paese. Le acque hanno incominciato ad agitarsi domenica scorsa, dopo la protesta di massa pianificata dall’opposizione.

I manifestanti si sono radunati presso la moschea Al Rabia el–Adawiya, a Nasir City, per affermare che “la legittimità del governo è una linea rossa”. Migliaia di persone hanno occupato tutta l’area, assaltando un ufficio della Fratellanza Musulmana ad Alessandria, causando la morte di una persona. Sono stati identificati cinque persone morte nel nord dell’Egitto, durante le violenze degli ultimi giorni, tra cui un fotoreporter americano.

I manifestanti dell’opposizione si sono riuniti in piazza Tahrir martedì scorso, chiedendo le dimissioni del presidente un anno dopo dal suo mandato presidenziale. Due anni fa, proprio in Piazza Tahrir, le forze dell’opposizione mobilitarono centinaia di migliaia di egiziani per cacciare l’ex presidente Mubarak.

L’opposizione accusa Morsi, primo presidente eletto democraticamente in Egitto, di non riuscire a raggiungere gli obiettivi della rivoluzione, accusandolo, inoltre, di non riuscire ad affrontare i problemi sociali ed economici del Paese. Morsi ha ammesso gli errori fatti, promettendo riforme immediate e radicali , ma non ha offerto concessioni per i suoi avversari.

“Avevo ragione, in alcuni casi, e sbagliato in altri casi (…) Ho scoperto dopo un anno di carica, che il popolo ha attuato una rivoluzione per raggiungere i propri obiettivi, ricorrendo a misure radicali”, ha affermato il presidente. Si è scusato per la carenza di carburante che ha causato lunghe code e tensioni presso le stazioni di servizio. “Ho preso le redini di questo governo immerso nella corruzione, e mi sono ritrovato di fronte ad una guerra tesa a farmi fallire”, ha aggiunto il presidente.

Il presidente Morsi, infine, ha invitato gli esponenti dell’opposizioni a chiedere nuove elezioni, se vogliono cambiare l’attuale governo.

Sono trascorsi due anni da quel sogno appena accarezzato di una rivoluzione che doveva cambiare le sorti di un Paese, che usciva da 30 anni di duro regime.      Sogni solo appena accarezzati e subito infranti dalla cruda realtà. L’Egitto di oggi è un Paese nel caos, avvolto dalla violenza intestina, dove nessun tipo di miglioramento sociale è stato percepito dalla popolazione.

Sono cambiati gli attori ma i risultati sono i medesimi, se non peggiori, se consideriamo il livello di violenza e odio che serpeggia tra le comunità. Il popolo egiziano ha avuto il coraggio di ribellarsi, di morire nelle strade per mano di un esercito criminale sempre al soldo del potere. Oggi tocca a chi comanda, smettere di essere complice di sporchi interessi internazionali (Usa, Fmi, Israele), ed avere il coraggio di cambiare le cose per rendere finalmente l’Egitto un Paese libero e forte.

Intanto, la gente continuare a morire per le strade, l’esercito continua a sparare e l’odio continua a dilaniare ciò che resta di un popolo; niente di meglio per un regime che ancora oggi, sul sangue della sua gente costruisce e garantisce il suo potere.

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