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Sardegna, crolla l’export ma non la vendita di armi

A differenza di altri settori produttivi come il lattiero-caseario, l’export della Sardegna di armi e munizioni è sempre più in crescita con il 55% dell’export diretto all’Arabia Saudita e il 38 per cento al Regno Unito. È quanto si evince dal 26° rapporto Crenos, nella parte che riguarda la struttura produttiva isolana presentato venerdì scorso a CagliariDal report emerge come il settore delle armi rappresenti un mercato più forte addirittura di quello lattiero-caseario, rispettivamente al terzo e quarto posto per ammontare di vendite, dopo il petrolio e la chimica di base. Nel dettaglio, il 2018 è il quinto anno consecutivo nel quale le esportazioni si armi e munizioni sono in crescita: si passa dai 76,9 milioni di euro del 2107, ai 94,6 del 2018 (+23%). Il 55% dell’export è diretto all’Arabia Saudita che aumenta la sua domanda dai 45,7 milioni di euro del 2017 ai 52,4 del 2018, segue il Regno unito con il 38% della domanda, pari a 35,8 milioni.

Anche la Confederazione degli Artigiani (Cna) si sofferma in particolare sul settore dei metalli che nel 2017 aveva chiuso con un valore eccezionale di export pari a 222 milioni di euro, recuperando la crisi pesantissima del 2008 e del 2009. Secondo la Cna, questa performance va sostanzialmente ricondotta all’espansione di un solo comparto, quello militare (armi e munizioni) che un anno fa fece segnare un +5% con esportazioni destinate per la maggior parte a soli tre Paesi: Spagna, Regno Unito e Arabia Saudita. “La lavorazione dei metalli rappresenta la seconda voce dell’export regionale, ma l’eccessiva concentrazione nei comparti delle armi e delle munizioni espone l’industria sarda ad eccessivi rischi”, sostengono Pierpaolo Piras e Francesco Porcu, rispettivamente presidente e segretario regionale della Cna dell’isola. In Sardegna ha sede una delle due fabbriche italiane della multinazionali tedesca Rwm, che appunto produce armi a Domusnovas.

Sardegna, netta diminuzione export settore lattiero-caseario

È il terzo anno consecutivo di contrazione delle vendite per il settore lattiero-caseario. La diminuzione del 2018 risulta particolarmente pesante, poiché si è perso quasi un quarto del valore delle vendite all’estero, passando dai 120,7 milioni di euro del 2017 ai 91,4 del 2018.

Il settore è penalizzato dal ribasso della domanda del mercato statunitense (-30,4 milioni) e greco (-4,4 milioni) e solo parzialmente compensato dagli aumenti della domanda della Nuova Zelanda (per il secondo anno consecutivo la destinazione che riporta l’aumento maggiore, +4,7 milioni) e del Canada (+1,7milioni). Ma non solo. Come poteva svilupparsi con profitto il settore lattiero-caseario quando era stato deciso settanta anni fa il futuro dell’isola legato al settore militare?

Sardegna: isola più militarizzata d’Europa

La Sardegna è la regione più militarizzata d’Italia e d’Europa. Tutto ebbe inizio dopo la Seconda Guerra Mondiale, quando a Washington venne disegnato il ruolo dell’Italia nello scacchiere della Guerra Fredda. Dall’altra parte dell’oceano venne definito il ruolo della Sardegna come crocevia strategico nello scenario internazionale. La Sardegna era il cuore, il punto critico, del sistema politico-militare creato dall’Alleanza atlantica nello scenario europeo.

La Sardegna è come mille cieli sopra un continente, mille realtà spesso nascoste al passante distratto. Il 61% delle servitù militari dell’intero territorio nazionale è ubicato nell’isola. Fra servitù di terra e aree marine interdette alla navigazione ed alla attività civile la Sardegna si attesta intorno ai 35 mila ettari, senza considerare gli spazi aerei interdetti. Anche i tre più grandi poligoni d’Europa alloggiano in terra sarda; poligoni sperimentali nei quali si spara terra-mare, aria-terra e mare-terra, dove si svolgono possenti esercitazioni (anche in affitto) e si mette in mostra il made in Italy dell’industria bellica. 

Quirra, con le attività militari nel Poligono Sperimentale e di addestramento Interforze, attività militari missilistiche e di collaudo è diventato il simbolo della presenza militare sull’isola con la tristemente nota “Sindrome di Quirra”, una lunga catena di morti, agnelli nati malformati nei pascoli adiacenti, soldati e pastori ammalati di tumore o leucemia. Se la questione della correlazione fra impatto ambientale ed alcune forme tumorali è ancora questione dibattuta, in un contesto peraltro nel quale le omissioni e gli insabbiamenti sono all’ordine del giorno, quella della contaminazione del territorio è chiara ed evidente.

In questo contesto risulta chiaro che la militarizzazione dell’isola sia un punto di forza non solo per la morte di civili, ma anche per l’export delle armi all’Arabia Saudita, che continua indisturbata a sterminare il popolo yemenita.

di Cristina Amoroso

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