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Dramma umanitario nello Yemen, gli appelli continuano a cadere nel vuoto

di Salvo Ardizzone

Dal 26 marzo in Yemen cadono le bombe nel silenzio ed il disinteresse di media e comunità internazionale: un massacro che secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha già causato almeno 4.300 morti, circa la metà dei quali civili fra cui centinaia di bambini. Un’enormità, ma, secondo fonti locali, le vittime sarebbero molte di più e, a breve, se ne aggiungeranno tante, tantissime altre per la spaventosa emergenza umanitaria causata dalle distruzioni e dal blocco imposto dalla corte saudita e dai suoi alleati, che impediscono l’arrivo di cibo e medicinali. Una situazione catastrofica denunciata di recente da Peter Mauer, presidente del Comitato Internazionale della Croce Rossa: un appello caduto ovviamente nel vuoto.

La macchina mediatica controllata da Washington ha messo la sordina a quell’aggressione e all’uso di armi non convenzionali sui civili, come le bombe a grappolo, riportate comunque anche da fonti Usa come Us News. Il motivo è che la Casa Bianca, dopo l’accordo sul nucleare iraniano, vuole rassicurare Riyadh sul suo appoggio, e la lascia fare.

Contrariamente ai pronostici, quel “via libera” si sta traducendo in un disastro militare e politico per i sauditi: la casa reale, a marzo, aveva reagito con un colpo di testa alla caduta di Mansour Hadi, il presidente fantoccio attraverso cui contava di perpetuare il suo dominio sullo Yemen. Ma l’aggressione ha ottenuto l’effetto opposto, stringendo la popolazione martoriata dai raid terroristici attorno al movimento Ansarullah, all’Esercito yemenita e suscitando quei Comitati Popolari che li affiancano.

Adesso, quelle forze unite nella Resistenza non solo stanno liberando il Paese dalle bande di mercenari e terroristi armati e finanziati da Riyadh, ma stanno contrattaccando lungo tutto il confine, soprattutto nella regione saudita dello Jizan.

Secondo quanto riportato dalle poche agenzie di stampa che infrangono la congiura del silenzio, come Al-Manar o Press Tv, non passa giorno che installazioni, basi, colonne militari e mezzi corazzati non vengano attaccati, seminando di morti e carcasse calcinate quel deserto. Anche gli abbattimenti di velivoli continuano sempre più frequenti; da ultimo, a cadere colpito da un missile terra aria è stato un sofisticato elicottero d’attacco Ah-64 Apache.

In cerca d’una soluzione per un conflitto sempre più costoso e di cui non s’intravede uno sbocco, i sauditi e gli alleati degli Emirati stanno tentando di fornire il massimo appoggio alle bande qaediste di Al Nusra e di Al Qaeda nella Penisola Arabica all’interno del Paese. Hanno inviato uomini e mezzi ma per vederli sistematicamente sconfitti: da ultima, una colonna di mercenari e qaedisti è stata distrutta dalla Resistenza nei pressi di Al Bayda, nella zona meridionale del Paese.

L’aggressione con cui Riyadh intendeva riaffermare il suo dominio sullo Yemen si sta trasformando in una disfatta, resa ancora più grave dal fatto che nelle regioni di confine si stanno formando milizie fra la popolazione locale, a lungo discriminata e che ora si affianca alle forze yemenite.

L’azzardo con cui il clan Sudairi voleva rinsaldare il proprio dominio, dopo il colpo di palazzo con cui s’era impadronito di tutte le leve di potere della monarchia saudita, si sta tramutando rapidamente in un incubo destinato a travolgerlo o, comunque, a ridimensionare drasticamente il potere di Riyadh.

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