Dossier Emanuela Orlandi: si riaccende l’enigma mai risolto
A distanza di 34 anni dalla scomparsa di Emanuela Orlandi, la giovane cittadina vaticana svanita nel nulla il 22 giugno 1983, si apre un nuovo capitolo sull’enigma mai risolto: un nuovo dossier rivela che il Vaticano ha speso oltre 483 milioni di lire per l’allontanamento della ragazza.
Si riaccende l’interesse per l’intricata vicenda della scomparsa della giovane, figlia di un commesso pontificio, che per più di trenta anni ha messo in gioco piste internazionali, servizi segreti, rivelazioni e ritrattazioni all’ombra del Vaticano. Il nuovo dossier, venuto in possesso del giornalista Emiliano Fittipaldi, sintetizza gli esborsi sostenuti dal Vaticano dal 1983 al 1997. La somma totale investita nella vicenda Orlandi è ingente: oltre 483 milioni, quasi mezzo miliardo di lire. Oltre 483 milioni di lire spesi dal Vaticano per il suo allontanamento.“Documentazione falsa e ridicola”, dichiara il portavoce del Vaticano.
La notizia dell’esistenza di questo dossier pubblicata dal Corriere della sera è il cuore dell’ultimo libro del giornalista dell’Espresso, Emiliano Fittipaldi. Leggendo il resoconto e seguendo le tracce delle uscite della nota, che l’estensore attribuisce al cardinale Lorenzo Antonetti, sembra che il Vaticano abbia trovato la piccola rapita chissà da chi, e che abbia deciso di “trasferirla” in Inghilterra, a Londra, in ostelli femminili. Per 14 anni le avrebbe pagato “rette, vitto e alloggio”, “spese mediche”, “spostamenti”. Almeno fino al 1997, quando l’ultima voce parla di un ultimo trasferimento in Vaticano e “il disbrigo delle pratiche finali”.
Il Corriere della Sera, il più autorevole quotidiano del Paese, seguito dall’Espresso-Repubblica, quotidiano di Arrigo De Benedetti e di Scalfari ha lanciato la notizia che rivanga dopo 34 anni la storia di Emanuela Orlandi, imbastita col filo bianco che ha di mira il Vaticano.
Non fu proprio il Corriere della Sera il 24 giugno 2008 ad imbastire il complotto su Emanuela Orlandi dopo 25 anni dalla scomparsa della ragazzina quindicenne familiare con Papa Giovanni Paolo II, con l’articolo dal titolo “Emanuela Orlandi rapita per ordine di Marcinkus”. Allora la notizia data dal Corriere della Sera uscì in simultanea con una trasmissione di Rai3 “Chi l’ha visto?” che ricicciava la stessa storia e la stessa testimonianza di Sabrina Minardi, la ex “bambola” della Magliana, la donna del boss Renatino De Pedis, con le sue memorie scucite dopo 25 anni.
Certo è che sul caso enigmatico di Emanuela Orlandi è stato detto quanto e di più. Che Emanuela Orlandi è stata rapita come “avvertimento” al Papa, che stava indagando in direzioni sgradite sull’attentato di cui era stato vittima, per mano di Ali Agca. Che Emanuela Orlandi è stata uccisa da un cardinale e che le ossa della ragazzina erano state nascoste nella tomba del boss De Pedis, capo della Banda della Magliana misteriosamente seppellito in Sant’Apollinare.
Che il coinvolgimento della Banda della Magliana, interessata a ricattare il Vaticano per recuperare il denaro investito nel Banco Ambrosiano, come il tentato omicidio di Giovanni Paolo II operato presumibilmente da Gladio rientrerebbero nelle direttive massoniche date ai vescovi fedeli per distruggere la Chiesa in linea con il piano della giudaizzazione della Chiesa in atto dal Risorgimento, accompagnato da un’azione diplomatica a livello internazionale per screditarla e dall’infiltrazione massonica nella Chiesa. A chi conviene allora come oggi rivangare il caso di Emanuela Orlandi? Cui prodest?
di Cristina Amoroso