Donne contro donne. La risposta al topless jihad
19 marzo 2013. Amina Tyler, diciannovenne tunisina, pubblica una foto su Facebook dove appare a seno nudo rivendicando il diritto delle donne musulmane ad essere proprietarie del proprio corpo. Diritto negato, a suo parere, dal radicalismo islamico in Tunisia e nel mondo, che costringerebbe le donne a coprirsi come segno dell’onore maschile. A sostegno di Amina, che in seguito al suo gesto ha ricevuto minacce di morte e a quanto pare rifiuti di aiuto da parte della famiglia, sono intervenute le Femen, un gruppo femminista sorto in Ucraina, che sostiene la liberazione delle donne protestando a seno scoperto.
Numerose sono state le proteste delle Femen, che subito si sono dilagate nelle più grandi città d’Europa innescando un vero e proprio “topless jihad”; ma le reazioni delle donne musulmane, che non si rispecchiano nè nelle condizioni in cui, secondo le manifestanti, si troverebbero, nè nella forma di protesta, non sono state da meno e sul web impazzano foto di donne velate con slogan che sostengono che essere proprietarie del proprio corpo voglia dire anche, giustamente, essere libere di coprirlo.
Le Femen dovrebbero vivere sulla propria pelle la realtà tunisina e in generale del mondo musulmano, dove aumenta sempre più il numero di donne attive nella sfera sociale, e dove abbiamo visto donne velate e non, protestare in prima fila perla democrazia durante le primavere arabe. Mentre in Occidente, nelle nostre società, le donne che hanno raggiunto cariche importanti esclusivamente grazie alle loro capacità, si contano sulle dita di una mano e dove il corpo della donna è ormai ridotto da anni a puro oggetto da esposizione. Per questo, a difesa delle donne musulmane si sono schierate anche molte donne europee non musulmane.
E’ comunque doveroso condannare senza riserva le minacce rivolte ad Amina, e qualsiasi atteggiamento di protesta nei suoi confronti che non faccia uso di parole ma di violenza, ed è importante sottolineare che nel mondo arabo/musulmano, situazioni che vedono le donne private della propria libertà non mancano, ma che questi casi sono dovuti più alle tradizioni socio-culturali di ciascun Paese e non hanno niente a che vedere con i reali principi dell’Islam, poiché ogni Paese musulmano è diverso dall’altro e ogni famiglia è diversa dall’altra (lo stesso discorso potrebbe valere per il terrorismo islamico).
Inoltre non dimentichiamo, che l’Italia negli ultimi anni è stata scenario di un numero smisurato di femminicidi i cui autori sono uomini italiani, gli stessi italiani che accusano i musulmani di scarso rispetto e considerazione per la donna, e questo sì che sarebbe un valido motivo per protestare.
Le musulmane si sentono limitate nella libertà proprio dalle Femen, che condannano l’Islam senza conoscerne i principi, ignorando la vera e alta considerazione nella quale i musulmani tengono le donne e che quella di indossare l’hijab è una libera scelta. Così facendo, è come se le Femen affermassero che l’unica cosa che una donna ha da mostrare sia il suo corpo, mentre ciò che rende prezioso il corpo di una donna è tutto ciò che vi è dietro; i corpi all’esterno bene o male sono simili, ma quello che distingue una donna da un’altra sono le sue idee, le sue passioni, i suoi obiettivi, la considerazione e il rispetto per se stessa e la consapevolezza delle sue capacità.
“Le donne che hanno cambiato il mondo non hanno avuto bisogno di mostrare niente se non la loro intelligenza”, diceva Rita Levi Montalcini.
di Laura Gargiulo