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Disperazione a Gaza, si ferma l’unica centrale elettrica

di Carolina Ambrosio

Sembra che il fondo in quel di Gaza non lo si tocchi mai. Si è ormai oltrepassata da molto la soglia del vivere civile e anche l’ultima centrale che garantiva elettricità e acqua chiuderà entro il fine settimana. Fonti ufficiali, infatti, riferiscono che anche l’ultimo baluardo di civiltà sembra cedere sotto il giogo dell’occupazione israeliana che ha praticamente isolato la Striscia. Per cui anche solo provvedere al rifornimento continuo di carburante è diventata un’impresa degna di Ercole.

Già nel luglio dello scorso anno, Amnesty International ammonì il governo israeliano a garantire almeno quest’ultima fonte di energia in quanto non avrebbe portato e non porterà a nessuna “vittoria” politica, ma priverà solo i palestinesi di Gaza degli ultimi servizi primari e necessari alla sopravvivenza in quel lembo di inferno. All’inizio di marzo notiamo che l’appello di Amnesty è stato totalmente ignorato e la centrale, le cui operazioni erano garantite da fondi del Qatar che provvedevano all’acquisto di carburante e che era ovviamente alle dipendenze di Israele, è sul punto di cessare le sue attività in quanto le attuali riserve garantiscono energia solo per sei ore a giorno.

Gli abitanti di Gaza si troveranno a vivere dovendo fare a meno di servizi fondamentali alla sopravvivenza. Si pensi a quali ingenti danni la chiusura della centrale provocherà agli ospedali della zona che sono già in crisi per le quotidiane emergenze.

Quella dei territori occupati è una guerra criminale ad armi impari e quelli di Israele sono crimini di guerra, come ha tra l’altro affermato Philip Luther, direttore del programma per il Medio Oriente e il Nord Africa di Amnesty International. Sotto gli occhi indifferenti dei “potenti” si sta consumando un genocidio, che quanto a violenza e brutalità non è molto differente da quello di una settantina di anni fa.

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