Disarmare Hezbollah tra sogno e illusione

La questione legata alle armi di Hezbollah è sempre più al centro del dibattito politico libanese e non solo. Alcuni partiti libanesi, in particolare quelli filo-americani, chiedono il cosiddetto “disarmo della Resistenza” come condizione per il raggiungimento della sovranità nazionale dall’occupazione israeliana. Stanno addirittura collegando tutto questo alla questione della ricostruzione del Libano e all’inizio dell’ottenimento di aiuti finanziari arabi e internazionali, minacciando sventura e distruzione se ciò non dovesse realizzarsi.
Tuttavia, se considerato alla luce dell’attuale aggressione israeliana contro Libano, Palestina e Siria, e dal punto di vista dell’egemonia americana nella regione, questo approccio appare più come un’illusione politica, se non come un deliberato disprezzo per le realtà del conflitto e per l’equilibrio di potere nella nostra regione.
Incapacità dello Stato libanese e del suo esercito di confrontarsi con Israele e di sfidare l’egemonia americana
Da quando l’accordo di cessate il fuoco è entrato in vigore il 27 novembre 2024, lo Stato libanese, soprattutto dopo l’elezione del presidente e la formazione di un governo, non è riuscito a dimostrare la propria capacità di prevenire gli attacchi israeliani e le violazioni di questo accordo, che hanno superato quota 1.500 e hanno causato la morte di oltre cento civili e il ferimento di decine di persone.
Lo Stato non è stato in grado di fare pressione sulla Francia e sugli Stati Uniti affinché attuassero le loro garanzie per l’accordo di cessate il fuoco, né di fare pressione su Israele affinché applicasse pienamente l’accordo e cessasse i suoi attacchi. Il Presidente della Repubblica, il generale Joseph Aoun, ha accennato a questo durante la sua visita in Francia, quando ha dichiarato durante una delle sue interviste: “Garanzie… Non ci sono garanzie, francamente, perché la nostra esperienza con Israele nell’ultimo accordo non è incoraggiante, ma ci stiamo impegnando e i nostri contatti (cioè i suoi contatti con questi due Paesi).
Consegna armi Hezbollah
Per quanto riguarda l’egemonia americana, lo Stato libanese ha dimostrato una grave incapacità di contrastarla, anche nelle sue forme più orribili e con la palese ingerenza nelle questioni politiche interne (durante la prima visita di Morgan Ortagus al palazzo presidenziale), fino alla questione della consegna delle armi di Hezbollah a sud del fiume Litani.
A questo proposito, numerose fonti hanno rivelato un evento scandaloso che si è verificato e continua a verificarsi, con l’esercito libanese che ha distrutto le armi ricevute da Hezbollah a sud del fiume Litani (con il pretesto di distruggere i residuati bellici), comprese le capacità militari di cui avrebbe potuto avvalersi. Ciò è dovuto alla pressione esercitata dagli americani sull’esercito libanese.
In un contesto correlato, l’amministrazione statunitense sta utilizzando ogni forma di intimidazione mediatica e politica per imporre le sue condizioni al Libano, come la normalizzazione e altre questioni, minacciando di ritirare la sua garanzia nominale dell’accordo di cessate il fuoco se ciò non accadrà.
Armi di Hezbollah parte dell’equazione di deterrenza
Fin dall’inizio della Resistenza Islamica in Libano contro l’occupazione israeliana negli anni ’80, le armi di Hezbollah hanno svolto una funzione difensiva, imponendo equazioni di deterrenza senza precedenti nella storia del conflitto con Israele. Il Partito di Dio non è stato creato a seguito di dispute interne o ambizioni di potere, ma piuttosto come risposta naturale all’occupazione israeliana del Libano nel 1982, quando lo Stato libanese era assente e incapace di proteggere le sue terre e i suoi cittadini.
Pertanto, le armi di Hezbollah non erano un peso per lo Stato, ma piuttosto un’alternativa necessaria al suo fallimento nell’adempiere ai propri doveri di protezione del popolo e dei confini e di difesa della sovranità. Quest’arma ha dimostrato la sua efficacia nella liberazione del Sud nel 2000, e poi nel respingere l‘aggressione israeliana nel 2006, che mirava a schiacciare la Resistenza militarmente e popolarmente, e più di recente nella Battaglia dei Primi Guerrieri, attraverso la quale gli israeliani miravano a cambiare il volto del Libano e dell’intero Medio Oriente, se fossero riusciti nella loro aggressione, ma i leggendari sacrifici del popolo e della Resistenza lo hanno impedito.
Chi chiede il disarmo di Hezbollah ignora una realtà comprovata: il Libano è circondato dall’entità israeliana, che ha violato ininterrottamente la sovranità del Libano via terra, mare e aria dal 2006. Negli ultimi mesi, Israele ha dimostrato in Siria che non esiterà a impegnarsi in qualsiasi forma di espansione e occupazione quando non troverà nessuno che lo dissuada. In questo contesto, solo negli ultimi quattro mesi sono stati documentati più di 750 attacchi aerei israeliani contro la Siria, oltre all’occupazione di una vasta area della Siria meridionale.
Esperienza storica e la lezione della Resistenza
La storia libanese e araba è piena di lezioni che confermano che smantellare gli strumenti della Resistenza non porta alla pace, ma piuttosto a una maggiore aggressività. Sono stati tentati molti degli accordi di pace arabi, come gli accordi di Oslo, gli accordi di Camp David e l’accordo del 1974 sulle alture del Golan siriane. Il risultato fu un’ulteriore aggressione israeliana e la commissione di massacri e crimini contro civili disarmati, che non si sarebbero verificati se ci fosse stata la Resistenza.
Il futuro del conflitto nella regione non lascia intravedere un orizzonte di pace imminente. In effetti, le guerre si stanno espandendo, l’occupazione si sta rinnovando e l’egemonia americana sta diminuendo, ma l’America continua a praticare l’oppressione attraverso il suo agente, Israele. In questo clima, la scelta della Resistenza resta la scelta dei popoli liberi che rifiutano i dettami e difendono la propria dignità e indipendenza.
Un’illusione chiamata disarmo
Pertanto, alla luce di quanto detto, disarmare Hezbollah non è né un progetto realistico, né una richiesta popolare unificante, né un passo verso la stabilità. Si tratta piuttosto di una proposta nata nei corridoi dell’amministrazione statunitense e fatta propria da alcuni partiti libanesi a quest’ultima affiliati, con l’obiettivo di smantellare l’equazione della deterrenza, indebolendo la capacità del Libano di difendersi e facilitando l’imposizione di diktat.
Pertanto, chiunque la pensi in questo modo è un illuso, perché i sacrifici fatti per proteggere il Libano e la sua libertà valgono molto più di qualsiasi desiderio o sogno americano.
di Redazione