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Difendere i diritti umani vendendo armi al regime saudita

Come si fa a difendere i diritti umani vendendo armi all’Arabia Saudita? Di questo vergognoso paradosso è protagonista il Canada che continua a rifornire di armi l’Arabia Saudita, nonostante le orribili atrocità commesse quotidianamente nello Yemen dalla coalizione militare guidata dal regime saudita. Le offerte di armi non sono solo una transazione finanziaria, ma una potente espressione di sostegno politico e collaborazione tra due governi. Quando Stephen Harper firmò l’accordo di armi da 15 miliardi di dollari con l’Arabia Saudita nel 2014 – il più grande contratto nella storia del Canada – tentò di giustificare il controverso accordo puntando l’Arabia Saudita come partner nella lotta contro lo Stato islamico. Sostenne inoltre che l’annullamento del contratto avrebbe punito ingiustamente i tremila lavoratori canadesi che fabbricano le armi.

diritti-umaniIl tweet di Chrystia Freeland il mese scorso, che ha chiesto la liberazione di attivisti per i diritti umani detenuti in Arabia Saudita, ha innescato una crisi canadese-saudita in cui l’Arabia Saudita ha interrotto bruscamente i rapporti diplomatici e nuovi scambi con il Canada, ritirando migliaia di studenti sauditi dalle università canadesi.

I tweet e le precedenti chiamate della signora Freeland da parte del governo canadese per il rilascio di attivisti e dissidenti detenuti arbitrariamente in Arabia Saudita, sono in linea con la politica estera del Canada che si è dichiarata consapevole dei diritti umani. La continuazione del suo accordo di miliardi di dollari con l’Arabia Saudita non lo è assolutamente.

Dopo la risposta punitiva dell’Arabia Saudita al tweet della signora Freeland, ha affermato che il Canada continuerà a difendere i diritti umani in patria e in tutto il mondo. Ma la cosiddetta politica estera a sostegno dei diritti umani del Canada, cozza vergognosamente con la brutale aggressione militare saudita contro lo Yemen. La guerra in Yemen, avviata dalla coalizione guidata dai sauditi, ha causato una delle peggiori crisi umanitarie del mondo in cui gli yemeniti innocenti, in particolare i bambini, continuano a subire atrocità e miseria.

Che il Canada continui a rifornire di armi l’Arabia Saudita, nonostante le terribili atrocità commesse quotidianamente nello Yemen, è semplicemente sconcertante. Le normative canadesi sul controllo degli armamenti impediscono l’esportazione di armi nei casi in cui vi sia il rischio sostanziale di essere utilizzate per commettere violazioni dei diritti umani. Questa clausola è stata ribadita dalla signora Freeland stessa all’inizio di quest’anno.

In Yemen continuano a cadere bombe made in Italy

La Rmw è un’azienda tedesca con sede a Ghedi, in provincia di Brescia e con la fabbrica in Sardegna, più precisamente nella provincia di Carbonia-Iglesias, una delle provincie più povere d’Italia. Secondo il report pubblicato dall’Osservatorio permanente sulle armi leggere e le politiche di sicurezza e difesa (Opal), nel settembre 2016 sono state ritrovate in Yemen più di cinque bombe inerti sganciate dall’aviazione dell’Arabia Saudita e riportanti la sigla “Commercial and Government Entity (Cage) code A4447”, sigla che le ricollega inevitabilmente all’azienda Rmw Italia.

Nonostante i vari richiami dell’Onu, nonostante la legge n°185 del 1990 che vieta allo Stato Italiano di vendere armamenti a “Paesi in stato di conflitto armato”, l’Italia continua a sovvenzionare la Rmw. Nel 2016 le licenze di esportazione rilasciate dal ministro degli Esteri italiano alla Rmw ammontavano a 489,5 milioni di euro.

di Giovanni Sorbello

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