Dietro i marò, lo spettro di un intrigo internazionale
Si dice spesso che se una coincidenza è una casualità, un numero maggiore di coincidenze rappresenta invece una certezza; nel caso di politica estera più spinoso che ha riguardato il nostro paese dai tempi delle tensioni con la Turchia per la questione di Abdullah Ocalan, ci sono fin troppe coincidenze, che a poco a poco vengono a galla e sembrano voler formare una certezza.
Parliamo ovviamente del braccio di ferro tra Roma e New Dheli per il caso dei due marò, trattenuti in India per quasi un anno e che ha destato e desta attualmente grande immedesimazione popolare nell’opinione pubblica italiana ed indiana.
Il “caso”, o forse una fortuita tempistica, ha voluto che si venissero ad incrociare vicende di mare e di aria: da un lato i due marò accusati di aver ucciso dei pescatori da una nave mercantile, dall’altro gli scandali inerenti appalti e tangenti di Finmeccanica su una partita di elicotteri Augusta venduti proprio all’aviazione indiana.
In India infatti, vi è un filone d’inchiesta molto importante e molto discusso nell’ex colonia britannica, che riguarda proprio le vicende di corruzione per l’appalto degli elicotteri di Finmeccanica e che metterebbero a processo S.P. Tyagi, ex capo dell’aviazione indiana, il quale sarebbe il primo militare ad andare sotto processo nella storia dell’India indipendente e da qui dunque la delicatezza di questa inchiesta.
Il governo indiano, all’indomani dell’inchiesta sull’azienda italiana avviata dalla Magistratura del nostro paese, ha richiesto all’Italia atti importanti e fondamentali per procedere alle indagini anche a New Dheli; ma, come ben si sa, tra i due paesi era ed è ancora in sospeso la vicenda dei marò: trattenuti prima nello stato del Kerala, dove si è consumato l’episodio della morte dei due pescatori, e poi nell’ambasciata italiana, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, erano tornati in Italia per esprimere il proprio voto nelle elezioni politiche dello scorso 28 febbraio, con una licenza concessa da New Dheli, analoga a quella concessa per le festività natalizie.
Ed ecco dunque intrecciarsi le vicende: sappiamo come infatti, lunedì il nostro governo si sia rifiutato di far tornare indietro i due militari, con la motivazione che sul caso si dovrà decidere in sede internazionale, visto che Roma sostiene che l’episodio in questione sia accaduto in acque non indiane, ma per l’appunto internazionali; ma il caso ha voluto come, nelle ore immediatamente successive, il governo indiano denunciasse proprio Tayagi ed altri undici personaggi per avviare l’inchiesta su Finmeccanica sulla base dei documenti inviati dalla Magistratura italiana.
Il sospetto quindi è che questo intreccio e questo incredibile giro di casualità, porti dritto ad uno scambio internazionale tra Italia ed India: il Paese di Ghandi ha dato sotto banco il lasciapassare per i due Marò, in cambio Roma ha fornito gli elementi utili per avviare il filone delicato indiano dell’inchiesta citata sopra.
Se da un lato l’Italia ne esce, a prima vista, rafforzata, giacché vi è un coro unanime di consensi sul fatto che i due cittadini italiani potranno rimanere con le loro famiglie, dall’altro il governo indiano sta subendo un pressing mediatico dall’opposizione molto forte. Il partito comunista, in minoranza nel parlamento federale, ma in maggioranza nel Kerala, accusa di alto tradimento il premier Singh, mentre gran parte dell’opinione pubblica sostiene che il governo non ha difeso gli interessi nazionali ed abbia ceduto sulla questione della giustizia per i pescatori morti, in cambio dei dossier su Finmeccanica.
In tutta l’India, nel frattempo, specialmente nel Kerala, sono scattati gli scioperi dei pescatori ed alcune imponenti manifestazioni di piazza contro il nostro paese, arrivando anche a bruciare le foto che ritraggono i marò.
Forse anche per questo, il governo indiano è stato costretto a mostrare il pugno duro verso l’Italia, arrivando anche ad impedire all’ambasciatore presso New Dheli di tornare nel nostro paese, episodio questo fortemente in contrasto con il diritto internazionale ed in special modo con la Convenzione di Vienna, la quale ribadisce l’assoluta immunità ed integrità per i rappresentanti diplomatici.
Quella del governo guidato da Singh dunque, sembra una sorta di messa in scena per nascondere lo scambio e cercare di sedare gli animi di un paese che, storicamente, ha fatto della difesa degli interessi nazionali uno dei trade union sociali più importanti e che consente di fatto, di tenere unificato uno Stato che esprime qualcosa come 26 etnie differenti.