Decreto Dignità: Di Maio licenzia il jobs act
Il Consiglio dei Ministri ha finalmente approvato il Decreto Dignità promosso dal Ministro del Lavoro, Luigi Di Maio. Secondo Di Maio, con questo primo atto del Governo Conte in materia di lavoro, si “licenzia” il famigerato Jobs Act, reo di aver accresciuto a dismisura il fenomeno della precarietà nel mercato del lavoro italiano.
Non a caso i recenti dati sulla crescita dell’occupazione in Italia con la disoccupazione ai minimi dal 2012, sono stati letti dal neo ministro solo come un trionfo della precarietà dell’occupazione seria e dignitosa per milioni di lavoratori e non come un motivo di celebrazione. In effetti, a spiccare sono soprattutto i parametri riguardanti l’occupazione degli over50 e i contratti a tempo determinato.
Immancabile il botta e risposta tra lo stesso Di Maio e l’ex premier Matteo Renzi che si dichiara allibito dallo scetticismo del Ministro del Lavoro. Il decreto è volto a salvaguardare la dignità dei lavoratori, per molti anni frustrata e calpestata da politiche sociali e del lavoro che non hanno portato i risultati sperati e che hanno visto i sindacati agire in maniera a dir poco evanescente.
Il premier Giuseppe Conte, all’atto della presentazione si dice molto soddisfatto del lavoro svolto e dichiara di voler una “sana alleanza col mondo del lavoro e imprenditoriale” pur mantenendo ferma la “volontà di contrastare le iniziative ingiustificate”. Dichiarazione doverosa, visti gli attacchi e lo scetticismo derivanti da Confindustria, dalle associazioni di categoria e da diversi esponenti del Partito Democratico.
Il decreto, suddiviso in 12 articoli e riguardante il lavoro, le imprese ed il gioco d’azzardo, si impone di contrastare la lotta alla precarietà, riformando la disciplina di due tipologie contrattuali: i contratti a termine e i contratti di somministrazione. Per quanto riguarda i primi, in particolare, la durata massima passa dagli attuali 36 mesi ai 24 mesi previsti dal decreto. La minima potrebbe salire da 4 a 6 mensilità. I rinnovi non potranno essere più di 4 a fronte degli attuali 5, con ogni rinnovo che a partire dal secondo avrà un costo contributivo crescente pari allo 0,5%. Ritornano le causali, per contratti con durata superiore ai 12 mesi o dal primo rinnovo in poi, per cui il datore dovrà motivare perché tali contratti non si trasformano a tempo indeterminato. Ai contratti di somministrazione a tempo determinato è riservato lo stesso trattamento, mentre restano sostanzialmente invariati quelli a tempo indeterminato.
Viene altresì approntata una severa disciplina delle indennità volta disincentivare i licenziamenti ingiusti , con un aumento del 50% dell’indennizzo a favore del lavoratore e che può protrarsi fino a 36 mensilità.
Previste, multe per le aziende che ricevono aiuti pubblici e che delocalizzano entro cinque anni dalla data di ricezione dei benefici; multe che potrebbero ammontare da 2 a 4 volte il beneficio ricevuto. Stop, infine alla pubblicità sui giochi d’azzardo fatti salvi i contratti già in essere e le lotterie differite come la Lotteria Italia.
di Massimo Caruso