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Da Istanbul testimonianze di una brutale repressione

di Mauro Indelicato

Dalla Turchia arrivano notizie non certo rassicuranti; testimonianze dirette, diffuse via Twitter, segnalano di un vero e proprio stato di assedio nel quale è piombato il centro di Istanbul, il cuore della protesta che da due settimane circa infiamma l’intero Paese.

Tutto è partito dalla tarda serata di sabato, quando una carica molto dura operata dalla Polizia per mezzo di lacrimogeni e fumogeni, ha prima sgomberato piazza Taksim, poi con l’ausilio di alcune ruspe si è proceduto ad abbattere la tendopoli del Gezi Park, installata come presidio contro la costruzione di un faraonico centro commerciale al posto di uno dei polmoni verdi della metropoli turca.

La situazione sembra essere degenerata all’improvviso; fino a due giorni fa infatti, a Gezi Park regnava la calma più assoluta, con una delegazione di manifestanti che ha incontrato il primo ministro Erdogan. I manifestanti assiepati tra le tende di piazza Taksim, vedevano solo a distanza la Polizia, sempre in tenuta antisommossa ma tutto sommato più lontana rispetto ai giorni precedenti; a dar manforte ai manifestanti, anche la discesa in piazza di molte madri dei ragazzi assiepati al Gezi Park.

Poi tutto è degenerato; prima le parole di Erdogan, il quale lanciava un ultimatum ai manifestanti prima di far entrare in azione la Polizia, poi lo stesso primo ministro che confermava la volontà di effettuare un referendum sul progetto del centro commerciale, infine, ancor prima della scadenza del fantomatico ultimatum, la dura entrata in azione dei poliziotti, con tanto di gas lacrimogeni e manganelli.

Da Istanbul, tramite i social network, la reporter Marta Ottaviani ha documentato in diretta ciò che stava avvenendo ed il clima che ancora adesso si respira nella capitale economica turca: “Ai bordi delle strade è pieno di gente che accusa gli effetti dei lacrimogeni nonostante maschere professionali – scrive la giornalista – alcuni sono nascosti negli androni dei palazzi al buio: hanno paura che la polizia arrivi anche qui”.

Gente intossicata dai gas, ragazzi feriti dai manganelli, per strada tutto ciò che resta di una vera e propria battaglia urbana; tutto questo, in un momento nel quale l’attenzione dei media occidentali sembri scemare, quasi a voler seguire il silenzio assordante che arriva da gran parte delle cancellerie europee, con i vari governi che al momento non hanno lanciato alcun appello ad Ankara affinché cessino le violenze.

Sempre su Twitter, sono molti gli emigrati turchi nel resto d’Europa che chiedono alla società civile di mobilitarsi e non lasciar da soli i propri concittadini; un braccio di ferro, quello tra manifestanti e governo centrale di Ankara, che ogni giorno diventa sempre più duro, con Erdogan sempre più tentato nell’imporre il pugno di ferro, non solo sulla piazza, ma anche sui media, visto che ogni giorno aumentano le denunce di censure nei confronti dei giornalisti turchi e le accuse ai giornalisti stranieri di fomentare la rivolta dei giovani di piazza Taksim.

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