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Cuba e la sfida del vaccino per gli ultimi

Cuba – Sulla sfida dei vaccini contro il Covid-19 si sta giocando una guerra geopolitica di enormi proporzioni. Giganti come Pfizer, Moderna e AstraZeneca si sono accaparrati i primi posti e sono state le prime a immettere sul mercato le fiale per debellare il coronavirus. Purtroppo, l’inghippo era dietro l’angolo e per scoprirlo sono bastati pochi mesi di campagna vaccinale, soprattutto in Europa che ha riscontrato il problema principale: mancano le dosi.

Eppure questi colossi non mancano di finanziamenti, di tecnologie e non hanno avuto concorrenza nel presentare al mondo in breve tempo i loro vaccini. Se si vuole andare avanti in modo capillare e soprattutto si vogliono debellare le varianti che potrebbero aggirare le difese dei vaccini, occorrono numeri di distribuzione ben più alti.

Cuba sicuramente è il Paese che ha fatto parlare molto di sé soprattutto nella prima fase della pandemia quando ha mandato, anche in Italia, i medici specializzati nell’affrontare le pandemie. Ma Cuba ha fatto anche altro, infatti, sta producendo da sola il suo vaccino.

Vaccino Soberana

Il nome Soberana, forse non dice molto agli occidentali ma ad un’attenta analisi potrebbe essere la chiave di volta per sconfiggere la pandemia da Covid-19. Un vaccino totalmente pubblico che verrà distribuito gratuitamente soprattutto a quelle nazioni che non possono permettersi di acquistarlo dai colossi sopra menzionati.

Quattro sono i vaccini in fase di sperimentazione clinica a Cuba e tutti hanno l’obiettivo di essere distribuiti gratuitamente. Tra questi il Soberana1 e Soberana2 si sono avviati nella seconda fase della sperimentazione e prima del Natale 2021 potrebbero completare l’iter ed essere pronti per la distribuzione. Se i vaccini si dovessero dimostrare sicuri, dopo il monitoraggio della Covax, verranno distribuiti alla popolazione e resi disponibili per i Paesi che ne faranno richiesta, soprattutto quelli in via di sviluppo dove nove persone su dieci rischiano di rimanere senza vaccinazione.

Embargo contro Cuba

Qui ci si scontra però con la situazione nella quale si trova Cuba, visto che l’isola è ancora sotto embargo dai tempi di Kennedy. L’isolamento al quale è sottoposto il Paese gioca un ruolo fondamentale visto che per lo Stato cubano è molto difficile acquistare materie prime necessarie alla produzione su larga scala. Dovremmo chiederci che senso ha l’isolamento e l’embargo a distanza di anni, strumenti criminali che non vanno solo a discapito del Paese ma soprattutto dei cittadini.

A Cuba, dopo la rivoluzione che mise al potere Fidel Castro, la sanità è stata il settore nella quale il potere politico ha investito la maggior parte delle sue attenzioni portandolo all’avanguardia nella storia delle immunizzazioni. Risultati che sono frutto di un lungo e laborioso periodo di lavoro, sessant’anni sono passati da quando la sanità cubana ha iniziato il processo di sviluppo. Prima del 1959, gli ospedali pubblici erano pochi e di scarsa qualità, presenti in un terzo dei comuni dell’isola senza che la popolazione rurale potesse usufruire delle cure e l’aspettativa di vita non raggiungeva i sessant’anni.

Massicci investimenti

Massicci investimenti statali finanziano il più alto numero di medici in rapporto alla popolazione. Il sistema sanitario cubano si fonda sul principio che la salute rappresenta un diritto sociale inalienabile e tutti i cubani hanno diritto all’assistenza sanitaria senza distinzioni di sorta.

Il sistema sanitario cubano è composto da tre livelli: nazionale, provinciale, municipale dove l’assistenza di primo livello ha l’obiettivo di coprire l’80% dei problemi di salute della popolazione. Al secondo livello ci sono gli ospedali provinciali che coprono il 15% dei problemi della popolazione. Al terzo livello si trovano gli ospedali di eccellenza che gestiscono il 5% delle problematiche. Il sistema è semplice perché è pensato per evitare di sovraccaricare il sistema e tutto poggia sulla fornitura farmaceutica autarchica il cui sviluppo è stato spinto dall’embargo.

Cuba si trova a vivere quello che si può definire un paradosso: possiede un Pil da Paese in via di sviluppo, ma indicatori sanitari come la speranza di vita e la mortalità infantile è ai livelli dei Paesi più sviluppati.

di Sebastiano Lo Monaco

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