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Crisi migranti: un’incapace Europa lascia spazio allo sciacallaggio dei politicanti

di Salvo Ardizzone

Lo psicodramma della Grecia ha messo in secondo piano nell’agenda dei Governi (e sui media) la crisi dei migranti, ma non nella percezione della gente. In realtà, entrambe le vicende sono collegate al distorto funzionamento della Ue e all’incapacità delle sue Istituzioni di funzionare, dettando una linea, quale che sia, a 28 Stati che continuano ad andare in ordine sparso, salvo adattarsi alla legge del Paese egemone o agli ordini che vengono d’oltre Atlantico.

A ben vedere, è assurdo che alcune centinaia di migliaia di migranti mettano in crisi un Continente di mezzo miliardo di abitanti, il fatto è che il fenomeno, per anni rifiutato, ha finito per impattare sulle opinioni pubbliche nel momento peggiore, e questo per due ordini di ragioni.

Da un canto una crisi senza fine ha minato alla base la percezione di benessere della gente, rimettendo in discussione la sicurezza economica che si dava per acquisita. Dall’altro la mancanza, o comunque il pauroso indebolimento, di riferimenti culturali e di valori, ha prodotto uno spaesamento, una crisi d’identità che percepisce il “diverso”, l’”estraneo”, come una minaccia e addebita ad esso, e non alla propria debolezza, il decadimento delle comunità.

Ciò ha generato un approccio emotivo ad un problema che c’è, ovviamente, e grande, ma che non potrà essere risolto rifiutandolo, o meglio, scaricandolo sugli altri. Presi da una sorta di panico esistenziale, si dimentica che non troppo tempo fa (sono in tanti che lo ricordano ancora) i migranti erano gli Italiani, i Greci, gli Spagnoli, che con le loro valige di cartone partivano per dare le loro braccia allo sviluppo delle aree più a Nord.

Il Continente allora era diverso: fino al crollo del Muro era percepito come Occidente, per bugiarda che fosse quella visione di sé (e lo era tanto), si pensava che fosse un’isola omogenea contrapposta a chi stava dietro a quel Muro, il resto (e c’era il Mondo) non contava. Crollata quella divisione, nell’89, è stata smascherata la visione mercantile ed economica di quell’Europa, volutamente priva di un’anima politica che la unisse, che la facesse percepire come un’entità superiore agli egoismi dei singoli interessi.

Lo stesso trattato di Schengen, nella realtà, non è nato per aprire il Continente, ma per chiuderlo, affidando la sorveglianza dei confini (che ora in molti vogliono rendere un nuovo Muro) agli Stati posti lungo le direttrici di chi premeva per entrare: lungo il Mediterraneo e nei Balcani. Ed il trattato di Dublino ne è figlio quando, con egoistico cinismo, scarica il peso dell’accoglienza (e dell’asilo) sui Paesi d’arrivo di quel fiume di disperati.

Ma quanto è grande questa massa? Può davvero minacciare la “Fortezza Europa”?

Sono molti i fattori che stanno mettendo in moto folle sempre più ampie: il collasso degli Stati postcoloniali o figli di passati equilibri ormai infranti, in Medio Oriente, in Africa e nella stessa Europa Sud Orientale. Guerre e crisi sanguinose hanno creato, al 2014, circa 60 milioni di profughi. D’altronde, le condizioni di disfacimento di molte realtà statali tali solo sulla carta (vedi gli Stati sub sahariani del Sahel), spingono soprattutto i giovani a qualunque rischio pur di fuggire da una situazione senza speranza.

Ma a raccontarla tutta, l’86% di quei rifugiati sono ospitati da Paesi “in via di sviluppo” (cioè poveri); quelli “meno sviluppati” (vale a dire poverissimi) ne accolgono il 25%. Chi arriva fino alle soglie dell’Europa, dopo viaggi che durano anche anni, compiuti in condizioni indescrivibili, sono un’esigua minoranza, anche se enorme agli occhi di chi li vede come “diversi”. Nel 2014 furono 280mila ad attraversare il Mediterraneo, quest’anno saranno forse di più; il piccolo Libano si augurerebbe di averne tanti, invece dei milioni, fra siriani e palestinesi, che è arrivato ad ospitare.

Attenzione: non si tratta di minimizzare un problema che sta crescendo; l’errore sta nella sua percezione, perché se il 38% degli Italiani connette i migranti ai terroristi ed il 51% ne invoca il respingimento, è evidente che è ormai la paura irrazionale a farla da padrona.

E la politica, a tutte le latitudini, asseconda queste pulsioni xenofobe, meglio, autenticamente razziste: in ogni tempo additare un nemico è stata la facile scorciatoia per avere consenso ed evitare d’affrontare i problemi veri. E poi diciamolo: il migrante è anche un business, una convenienza per molti. A parte i politicanti che su di essi stanno costruendo le loro fortune (vedi Le Pen, Salvini&C.), non sono solo trafficanti e bande di predoni che ne gestiscono i flussi a guadagnarci; anche nei Paesi di cosiddetta accoglienza, dove finiscono in centri di detenzione (eufemisticamente battezzati d’accoglienza) che ricordano tristi esperienze passate, sono fonti di lucro.

Quei campi, ove vengono rinchiusi perché semplicemente non si sa che farne, costano, tanto. E, come s’è visto troppe volte, sono in molti a specularci.

Sia come sia, la gestione del problema è una delle sfide più serie per la Ue; ma non è seria la risposta europea. I 28 Stati, succubi delle opinioni pubbliche aizzate da chi le cavalca per avere consensi, e incapaci d’una visione politica d’insieme, giocano allo scaricabarile l’un con l’altro, rinnegando tutti i “principi” e gli “ideali” che sono e restano solo sui trattati.

Di solidarietà neanche a parlarne, lo si è visto nel patetico progetto di suddivisione dei rifugiati, arenatosi per le feroci opposizioni degli Stati; Italia,Grecia e Spagna sono semplicemente abbandonate, salvo venir coperte da proteste se provano a “barare” per bilanciare un peso che bilanciato non è (vedi lasciar liberi i migranti di andare verso la loro meta, nel Nord Europa).

S’è pure pensato ad una missione navale contro i trafficanti, l’Eunavfor Med, salvo dover ammettere di non sapere come procedere, visto il rischio (alto) di colpire innocenti, di coinvolgere milizie e sedicenti governi (che con la tratta ci guadagnano alla grande) e così via.

Il nodo del problema non è nel problema stesso, che pure esiste e, ripetiamo, è grande, quanto nella mancanza di capacità (e volontà) di affrontarlo. La Ue è solo un somma di egoismi, che agisce esclusivamente sotto la spinta (e l’interesse) del Paese economicamente egemone, la Germania, o gli ordini degli storici padroni d’oltre Atlantico. Al di fuori c’è il nulla.

Il dramma dei migranti e la vicenda greca sono due facce dello stesso problema: il rifiuto degli Stati nordici di farsi carico del problema solidalmente con gli Stati mediterranei che ne sono investiti, equivale all’orrore per l’idea (pur inconfutabile) che l’Eurozona possa funzionare soltanto con trasferimenti solidali e mirati di risorse fra gli Stati nell’interesse del Sistema, non della sua parte egemone.

È questa totale mancanza di visione politica comune (che nei fatti nessuno vuole), che rende ingestibile il problema, perché da un canto lo ingigantisce, dall’altro paralizza l’azione per risolverlo.

La conclusione è che l’Europa è un Continente privo di leadership perché, nella sua miope visione utilitarista, la Germania l’esercita solo quando interessa al suo Sistema economico. Per il resto c’è il vuoto, o meglio, una somma d’inconcludenti egoismi che cedono tutti il passo (anche a costo di rimetterci, e tanto) solo al padrone di Washington.

Ma i migranti non interessano allo Zio Sam, lui li crea.

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