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Crisi in Iraq: aiuti umanitari agli Yazidi e armi ai Curdi dalla Ue

di Cristina Amoroso

All’inizio della settimana le Nazioni Unite stimavano che circa 30mila Yazidi erano ancora bloccati senza cibo sufficiente e acqua sulle montagne intorno a Sinjar. Gli Usa inviavano 130 esperti militari in loro aiuto, mentre i rifornimenti arrivavano dagli elicotteri per la grave situazione di emergenza. Intervistato dalla Cnn, un alto esponente dell’Isil confermava che almeno un centinaio di donne e bambini Yazidi erano stati rapiti presso Sinjar e portati a Mosul per essere educati all’islam, mentre gli uomini erano stati uccisi.

Abitanti principalmente nella provincia di Ninive nel nord dell’Iraq, gli Yadizi sono stati periodicamente oppressi subendo nel corso del tempo 72 persecuzioni fino all’attuale che gli  Yadizi considerano la 73a persecuzione. In questa si stava procedendo per mano dell’Isil alla distruzione di un’etnia considerata blasfema la cui fede, secondo alcune fonti  è legata all’antico Zoroastrismo e al sufismo, mentre altre fonti considerano la loro religione come una combinazione di sciiti e sufi dell’Islam con tradizioni popolari regionali.

Nei momenti in cui gli Stati Uniti e le forze armate irachene lottavano per aiutare gli  Yazidi dell’Iraq inviando rifornimenti dall’aria, i curdi siriani e iracheni si sono presi  su di sé il peso per salvarli, trasportando gli Yadizi in territorio siriano per dare loro il primo soccorso, cibo ed acqua, e tornando poi in Iraq. L’Onu stima che circa 50mila Yadizi siano riusciti a fuggire dalla montagna.

Quando successivamente  una missione notturna, formata da una ventina di uomini delle forze speciali Usa trasportati in elicottero sulla montagna, ha trovato una situazione diversa, John Kirby, portavoce del segretario alla Difesa Chuck Hagel ha rilasciato questa dichiarazione: “Il team ha valutato che ci sono molti meno Yazidi sul Monte Sinjar di quanto si temeva, in parte a causa del successo di lanci umanitari, in parte per gli attacchi aerei contro gli obiettivi dello Stato islamico, in parte per gli sforzi dei peshmerga (combattenti curdi) e per la capacità di migliaia di Yazidi di evacuare dalla montagna ogni notte negli ultimi giorni”. Sulla base di questa valutazione il Pentagono ha stabilito che una missione di evacuazione appare molto meno probabile, ma che gli Usa continueranno a fornire assistenza umanitaria e a proteggere il personale e le strutture statunitensi.

La difficile situazione dei rifugiati aveva spinto la settimana scorsa Obama ad ordinare sia attacchi aerei contro i militanti dello Stato islamico, sia lanci umanitari. In un’intervista con Usa Today martedì, il generale Martin Dempsey, presidente del Joint Chiefs of Staff, riconoscendo che la sopravvivenza dei rifugiati era stata assicurata, e che la crisi è diminuita, ma non risolta, auspicava una spedizione di armi e munizioni agli alleati curdi.

Al lancio della scorsa settimana dei primi attacchi aerei americani in Iraq, da quando le truppe americane si ritirarono nel 2001, sono seguite da parte degli Usa le richieste ai Paesi europei di fornire armi e munizioni alle forze curde che combattono i Takfiri dello Stato islamico in Iraq, chiaro segnale di un ampliamento del ruolo internazionale nel conflitto.

Subito, dietro sollecitazioni anche della Francia che mercoledì aveva annunciato di fornire armi “nelle prossime ore”, in risposta ad una richiesta della leadership curda dell’Iraq, si sono riuniti a Bruxelles, il giorno di Ferragosto, i capi delle diplomazie d’Europa per un vertice Ue che riguarda anche le emergenze in Libia, Ucraina e Gaza per tentare di arrivare ad un’intesa che sblocchi la massiccia fornitura di equipaggiamenti ai peshmerga in Iraq.

L’Italia, al suo semestre di presidenza europea, con il Ministro degli Esteri Federica Mogherini, ha dichiarato che la decisione di inviare armi ai curdi spetta a ciascun membro della Ue, l’importante che “possa avvenire in una cornice Ue”.  Londra, da parte sua, ha annunciato giovedì che avrebbe risposto favorevolmente alla domanda sulla possibilità di armare le forze curde. Mentre Berlino, cui è vietato la vendita di armi nelle zone di conflitto, si mantiene sulla fornitura di mezzi militari “non letali”, ad esempio materiale medico-sanitario, attrezzature per la visione notturna, veicoli fuoristrada. La Francia preme per un avallo Ue, pronta a consegnare “armi sofisticate” ai curdi, giudicati i soli in grado di sostenere il confronto con i miliziani dello Stato Islamico.

Mentre la Repubblica Ceca ritiene che la fine di agosto sia una data realistica per fornire armi e munizioni, alcuni Paesi sembrerebbero ancora  indecisi e recalcitranti all’invio di armi come la Svezia e l’Austria. Dal canto suo il ministro belga ha detto chiaramente che non consegnerà armi ai curdi ma solo aiuti umanitari: “Non siamo preparati, non fa per noi. Non siamo grandi esportatori di armi, non siamo una potenza militare. Possiamo renderci utili in altri modi, ad esempio con gli aiuti umanitari. Ed è quanto stiamo facendo”.

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