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Costa Concordia, l’operazione che non copre le vergogne

Fin troppi hanno scherzato, o quanto meno ironizzato, nel paragonare la lenta agonia della più famosa nave da crociera affondata recentemente in Italia a quella di un Paese quasi alla deriva. Parliamo del relitto della Costa Concordia, la  nave da crociera della compagnia genovese Costa Crociere, affondata per via del naufragio del 13 gennaio 2012 all’Isola del Giglio. La stessa, infatti, urtando il più piccolo degli scogli de Le Scole, situato a circa 500 metri dal porto, si era procurata uno squarcio di 70 metri nello scafo. Trentadue furono le vittime innocenti, numerosi i dispersi, ma il colpevole?

Tutto possiamo dire dell’Italia, ma no che esiste la serietà nel punire chi, in un determinato contesto, si sia esentato dal prendere le responsabilità proprie o/e della figura istituzionale che rappresenta. Francesco Schettino, capitano della nave durante i giorni dell’incidente, nelle ore in cui veniva compiuta la rotazione del relitto, stava proprio in casa (secondo quanto riportato da conoscenti) a studiare le carte del processo che lo vede imputato, in vista dell’udienza del 23 Settembre.

Diverse persone hanno riferito che Schettino “non esce più di casa”, “non si fa più sentire”. Nessuno sa se questa possa essere una strategia consigliata dallo stesso avvocato per evitare dichiarazioni che possano influenzare i procedimenti giuridici. Eppure, perfino di fronte alla domanda di un giornalista che gli chiedeva cosa ne pensasse della trovata di Ligabue di affiancare il suo nome alle cose negative dell’Italia, non ha mai risposto. Cosa avrebbe dovuto rispondere dunque? Se non contraddirsi lui stesso.

Migliaia di persone, nella loro grande superficialità, sono venute da tutto il mondo per immortalare un sorriso sullo sfondo di quel relitto che porta nel profondo la morte di oltre trenta persone. Altrettanti giornalisti sono venuti da ogni parte pur di testimoniare al mondo l’assurdità di quell’incidente, avvenimento che non ha certo dato al mondo l’immagine di un Paese serio ed affidabile. Grazie all’immagine del “capitan Schettino”, tutto il mondo ha potuto ridere di un Paese che proprio oggi si vanta di aver compiuto una tra le più alte operazioni di ingegneria mai realizzate prima.

Ventiquattro ore, sono le ore impiegate per raddrizzare il relitto sul falso fondale a 30 metri di profondità. In un twett, perfino il Presidente Enrico Letta scrive: “Ho appena telefonato a Franco Gabrielli al Giglio. Gli ho detto  che tutti coloro che stanno lavorando lì sono un grande orgoglio italiano”. Lo stesso Gabrielli, capo della Protezione Civile, aveva commentato dicendo che “Tutta la parte ingegneristica dell’operazione di recupero è orgogliosamente italiana”.

Proprio poche ore prima dell’operazione di rotazione del relitto, il giornalista di la7 Enrico Mentana, aveva sfidato chiunque, per primo, avesse paragonato il raddrizzamento della stessa a quello della “nave Italia”. Ed ecco che a farlo, senza perdere occasione, fu subito Roberto Saviano: “Sembra muoversi un impronunciabile sogno da subcosciente: se si raddrizza la nave, simbolo di un Paese alla deriva che lentamente affonda, c’è speranza magari che si raddrizzi l’Italia e che torni a galleggiare”, ha detto lo scrittore che si vanta di aver combattuto la mafia napoletana, ritirando prosperosi premi in denaro a Tel Aviv.

Insomma. “Parole, parole, soltanto parole”… avrebbe cantato la mitica Mina. Ma almeno lei, nelle sua canzoni, cantava quegli anni di un’Italia che oggi non esiste più.

di Redazione

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