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“Corsica ai corsi”, un sogno mai sopito

di Federico Cenci

Una raffica di attentati dinamitardi sta scuotendo la Corsica. Non si tratta di vivaci preparativi al Capodanno, bensì dell’ennesimo sussulto contro l’amministrazione francese, considerata un padrone iniquo che opprime gli aneliti indipendentisti che da secoli montano nell’animo degli isolani corsi. I muri dell’isola stanno cominciando a riempirsi di scritte a vernice che ripropongono gli slogan duri degli anni ’70, quando il terrorismo politico si coniugò con le antiche istanze indipendentiste corse. La rediviva sigla “IFF” (I Francesi Fora) torna a preoccupare le autorità transalpine, dopo che è apparsa – a mo’ di rivendicazione – sui muri in prossimità dei luoghi dove sono avvenute una serie di esplosioni.

Secondo i media francesi e la polizia, soltanto nella notte tra il 7 e l’8 dicembre scorsi, gli attentati dinamitardi hanno preso di mira 24 ville usate dai vacanzieri francesi durante l’estate. Tutte le abitazioni erano vuote e le esplosioni non hanno provocato feriti. Gli investigatori sembrano collegare gli attentati al Flnc (Fronte di liberazione nazionale corso), movimento non nuovo ad azioni di questo tipo. Gli appartenenti al Fronte, del resto, fanno della battaglia contro i costruttori di ville estive dei francesi la punta di diamante della loro lotta. Essi individuano nell’abuso edilizio uno dei principali motivi del deturpamento del paesaggio costiero e dell’aumento dei prezzi delle abitazioni. Al momento, si registra un arresto: l’uomo fermato dalla polizia è stato trovato in possesso di materiale esplosivo e – riferiscono le autorità – avrebbe legami con il Flnc.

Lo stesso Flnc, nel settembre scorso, ha rivendicato la serie di attentati che hanno danneggiato cinque supermercati della catena Leclerc, un ipermercato Casino e un magazzino Decathlon, tutte aziende rigorosamente francesi. Nel volantino di rivendicazione, si chiedeva una “diminuzione dei prezzi entro fine 2012 e il cambio di strategia commerciale per privilegiare nei supermercati la vendita delle merci prodotte in Corsica”. Una proposta di rilancio dell’economia locale, avvilita da una realtà impietosa: l’80% delle società è detenuto da non corsi.

“Trovate normale che vengano attaccati dei francesi, dei compatrioti? – si lamenta Manuel Valls, ministro dell’Interno francese -. La Corsica è senza dubbio la regione francese che ha lo statuto più avanzato in materia di autonomia”. Uno statuto che i nazionalisti corsi ritengono carta straccia, giacché incapace di far fronte alla frustrante situazione di subalternità rispetto ai francesi in cui si trovano a vivere gli abitanti locali. Il Flnc chiede a Parigi ben altri riconoscimenti. Sul piano linguistico, al fine di non far morire di inedia la propria cultura, desiderano che quella corsa venga riconosciuta lingua ufficiale al pari del francese e che i funzionari pubblici siano tenuti a conoscerla. Sul piano sociale, pretendono che chi è nato in Corsica abbia la priorità nell’acquisto dei beni immobiliari, e chiedono un obbligo di residenza per dieci anni prima di poter comprare una casa.
“Non lasceremo che 4.500 seconde case straniere si installino impunemente ogni anno in una Corsica che ha soli 300 mila abitanti”, si legge in un volantino del Flnc.

Il sogno autarchico di una “Corsica ai corsi”, dunque, torna a librare sull’isola, grazie alla spinta propulsiva della dinamite. Uno dei pochi residui di identità rimasto in piedi in una società sempre più “liquida”, ovvero fragile e disunita, torna ad alimentarsi con l’eversione. Le autorità francesi, che per anni hanno voluto negare l’esistenza di una “questione corsa”, oggi debbono necessariamente ricominciare a farci i conti.

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