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Coronavirus: per le strade e tra le scuole, chi vigila e chi educa

In previsione della seconda ondata di coronavirus la linea guida sarebbe dovuta essere la seguente: permettere questa volta alle persone di lavorare e ai ragazzi di andare a scuola svolgendo tutto in sicurezza. Ciò non doveva significare e non significava certo comportarsi come se nulla fosse; al contrario bisognava controllare che ogni cosa si realizzasse senza rischiare un ritorno aggressivo del virus

Ma chi è che controlla? 

Chi doveva verificare che le regole del distanziamento, dell’indossare la mascherina e dell’evitare gli assembramenti selvaggi non venissero snobbate? Gli organi preposti a far rispettare le norme: organi statali e comunali, quindi polizia, polizia municipale, forze dell’ordine e militari all’occorrenza (del resto non esiste l’operazione “Strade Sicure”?). Il comparto dello Stato doveva vigilare. 

Lo Stato sapeva che la seconda ondata sarebbe arrivata, conosceva quando la situazione si sarebbe aggravata e da luglio ad ottobre per le strade, nei parchi, fuori dai centri commerciali di periferia e non, per le scuole e fuori le scuole non si è vista un’ispezione.

In compenso, ora lo Stato si muove verso i mini lockdown e dispone la chiusura di esercizi commerciali, di ristoranti, di bar, di teatri e cinema, di palestre, di piscine e di sport da contatto senza aver minimamente verificato che il ritorno alla vita quotidiana avvenisse in sicurezza. Logica semplice e basilare vuole che se tu Stato non vuoi fallire devi permettere alle persone di lavorare. Tra il liberi tutti e il chiudere drasticamente è saltato un passaggio: la vigilanza.

Le tante domande

Era necessario forse ribadire che NON obbligare le persone all’uso della mascherina all’aperto si sarebbe ritorto contro l’intera comunità? Era forse indispensabile dire che gli assembramenti selvaggi, come ovunque in Italia ci sono stati da luglio a ieri, era il caso di evitarli? Serviva forse suggerire che era più opportuno non aprire i voli da e per quei Paesi che nulla o poco hanno fatto per contenere il coronavirus? Bisogna arrivare addirittura a pensare che sarebbe stato  bene far notare a chi governa che le discoteche potevano anche restare serrate questa estate?

Ma se un semplice cittadino accorto e di buon senso arriva a realizzare queste cose, è possibile che un politico che governa e che tutti i giorni gestisce casi, persone e grandi fatti non arriva a pensarci? Ebbene, la risposta non è scontata in Italia, in Europa e nel mondo. Lo sapevano tutti, ma si è scivolati vagamente, con leggerezza, decadenza e disincanto in una colpevole illusione, come una nebbia che ha avvolto tutto.

Molto strano: per quale motivo alieno quello che dicevano essere previsto non è stato fermato? Per quale ordine superiore e secondo quale ordine superiore è parso più utile che la gente si trovasse di nuovo a non lavorare e a perdere il suo potere d’acquisto? 

Era davvero così certo che l’autogestione e l’autoimposizione di regole non ordinarie fossero due inclinazioni comportamentali diffuse tra la popolazione? Di questo si è trattato? Ossia del fatto che chi governa ha innocentemente creduto che ogni persona fosse in grado di rendersi conto, per dirne una, che indossare la mascherina fosse un’azione indispensabile per la salute di tutti? I cittadini sono stati sopravvalutati così tanto? Dunque è colpa degli individui o di una politica che non educa e non governa?

Coronavirus tra regole e controlli

È sorprendentemente semplice: se si vuole che le regole vengano rispettate si deve innanzitutto porle in essere e controllare; se vuoi evitare una seconda ondata di coronavirus devi sorvegliare ed eventualmente sanzionare chi trasgredisce il bene di tutti. Lo scopo doveva essere unicamente quello di far fare le vacanze, ma con un certo criterio; doveva essere di permettere a tutti di lavorare, magari un po’ meno, magari con certe ristrettezze, ma comunque di produrre. 

Quante volte sono stati disposti controlli all’interno di bar e di ristoranti per verificare se effettivamente le distanze venivano prese? Quante persone sono state multate, inclusi i giovani e i ragazzi perché fuori dai centri commerciali, nei parchi e fuori dalle scuole si ammassavano l’un l’altro senza criterio? Quanti spogliatoi sono stati ispezionati affinché atleti di ogni livello non si cambiassero in assoluta libertà? Sono state quadruplicate le corse dei bus e delle metro per evitare che la gente si stringesse in modo assolutamente critico sui mezzi di trasporto? Quanti professori in classe non hanno controllato e non controllano i propri alunni sul distanziamento e sulle mascherine? Molti purtroppo. 

Ci troviamo nel turbinio della seconda pandemia di coronavirus perché le persone devono essere educate all’esercizio delle regole e ciò non è stato fatto dagli organi preposti, gerarchicamente a scendere. Non c’è ingenuità e non ci può essere ignoranza nell’esercizio della libertà di un cittadino e questo un governante dovrebbe saperlo.

La scuola ha dimostrato invece di saper fare la differenza rispetto a tutto questo lassismo, ma come vedremo nel prossimo articolo, non mancano le criticità, criticità importanti a partire da quei banchi monoposto tanto pubblicizzati quanto ridicoli e pericolosi, trasformati in macchine a scontro dagli studenti stessi.

di Ilaria Parpaglioni

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