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Corea del Nord: ecco perchè gli Usa hanno alzato la tensione sulla penisola

di Mauro Indelicato

A circa due settimane dall’inizio dell’escalation di minacce reciproche tra Stati Uniti e Corea del Nord, è possibile tracciare un quadro più preciso della situazione, a completamento anche del ragionamento iniziato in questa testata qualche giorno fa, dove si ipotizzava una forte montatura mediatica americana sull’opinione pubblica occidentale sulle reali responsabilità della crisi coreana.

Il ragionamento, verteva sul fatto che, in primis, nessuna delle due parti vuole entrare in conflitto e, soprattutto, che la crisi era stata creata ad arte da parte statunitense, visto il clima che negli ultimi mesi si era venuto a creare grazie alle esercitazioni comuni con l’esercito sudcoreano a pochi passi dal sempre più teso confine che divide in due la penisola asiatica.

In tutto questo quadro però, mancava un tassello e cioè: se agli Usa non conviene muovere guerra, per via anche delle difficoltà interne, come mai hanno alimentato al massimo la tensione con Pyongyang?

La risposta a questo quesito, e quindi il completamento dello schema logico prima illustrato, va ricercato proprio, quasi paradossalmente, nella crisi di credibilità interna ed estera di Washington e nella contestuale avanzata sempre più dirompente del cosiddetto gruppo del BRICS, ossia Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica, potenze emergenti che stanno iniziando a porre le basi per una reale alternativa al predominio americano.

Insomma, per dirle in parole povere, il mondo si è accorto che può fare a meno degli Usa, ma gli Usa si sono accorti di non poter fare a meno del mondo; e così, dopo aver già perso parzialmente il controllo dell’area del Maghreb lasciando mano aperta ai governi instauratisi con la primavera araba, gli americani adesso non possono lasciarsi sfuggire anche l’estremo oriente, sempre di più un vero e proprio “feudo” della Cina, in cui Pechino esercita una grande influenza economica e politica.

L’area è quella maggiormente in via di sviluppo nel contesto mondiale, proprio dalla Cina, alla Malesia, al Vietnam, fino alla stessa Corea del Sud ed all’intramontabile Giappone, tutte le “tigri asiatiche” stanno surclassando l’Europa per competitività economica e per influenza politica e, prima che tutti questi governi si accorgano di poter contare più su Pechino e Mosca che sulla bandiera stelle e strisce, ecco che il governo Usa ha tirato fuori dal cilindro la questione coreana, facendo passare Kim Jong Un come l’ennesimo nemico da abbattere e stringendo attorno il proprio “ombrello” Seul e Tokyo, quasi a ricordargli chi è il vero “protettore” dell’equilibrio dell’area pacifica dell’Asia.

Una mossa, quella di aumentare a tavolino la tensione in estremo oriente, che sta avendo anche come effetto collaterale quello di stringere accordi militari ed economici con un’altra tigre asiatica di fondamentale importanza, come Singapore, il cui governo ha consentito il transito di navi della marina Usa nel mar di Malacca, importante spicchio d’acqua che permette l’accesso diretto alle coste di importanti stati come il Vietnam e le Filippine e porta di transito privilegiata verso il mar Cinese Meridionale, il cuore quindi dell’area di maggior sviluppo economico asiatico.

Cina e Russia però non resteranno a guardare ed i movimenti prima spiegati, saranno i motivi per i quali soprattutto Pechino non abbandonerà il proprio sostegno alla Corea del Nord; da rimarcare comunque, la grande funzione mediatrice proprio del governo cinese, il quale ha più volte lanciato l’auspicio del rilassamento dei toni, a favore della ripresa del negoziato e del ripristino di normali relazioni diplomatiche.

In questo quadro, si inseriscono anche gli inviti a Kim Jong Un ad abbassare le minacce, gesto che secondo molti era indice di un raffreddamento dei rapporti tra Cina e Corea del Nord, ma che in realtà si inserisce in questa importante funzione mediatrice che al momento solo Pechino sembra in grado di poter realizzare.

Nel frattempo però, come d’incanto, l’attenzione globale verso la penisola coreana sta calando notevolmente, specie dopo gli attentati di Boston; bisognerà capire in futuro se, alla luce di quanto espresso in precedenza, tale calo dell’attenzione sia dovuto al raggiungimento degli obiettivi minimi americani o ad un compromesso ottenuto tra le forze sul campo.

Attualmente è ancora troppo presto per dirlo, bisognerà seguire l’evolversi della situazione con la consapevolezza comunque, che il rischio della guerra e del contatto fisico tra le due Coree, come ampiamente preannunciato, cala con il trascorrere delle ore.

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