Continuano le violazioni dello spazio aereo greco da parte dell’aviazione turca
Furioso per gli sviluppi della crisi siro-irachena, il “sultano” di Ankara manovra per attizzare un altro focolaio di tensione da usare come merce di scambio.
Nelle settimane successive all’abbattimento del Su-24 russo (avvenuta il 24 novembre scorso), mentre il Governo turco faceva la voce grossa sulla presunta violazione del suo spazio aereo e chiamava la Nato a sua difesa, l’Aviazione di Ankara sconfinava sempre più spesso nei cieli greci, anche con formazioni di 6-8 aerei, culminando ai primi dell’anno in un dogfight che ha visto i caccia dei due Paesi sfiorarsi sull’Egeo.
Le frizioni fra Turchia e Grecia hanno storia antica; malgrado entrambe siano tecnicamente “alleate”, facendo entrambe parte della Nato, le due aviazioni si confrontano da decenni per confini al centro di reciproche contestazioni. Nel ’96 fu un F-16 turco ad essere abbattuto da un Mirage-2000 greco, e sono una diecina gli aerei perduti nel corso delle spericolate manovre con cui i piloti contrapposti si sfidano: quelli turchi per affermare una supposta sovranità, quelli greci per accompagnare fuori gli intrusi (per inciso: se Atene dovesse applicare l’assurdo standard usato da Ankara nel sostenere la presunta legittimità dell’abbattimento del Su-24 russo, sull’Egeo ci sarebbe una battaglia pressoché quotidiana).
Secondo i dati di Atene, gli sconfinamento turchi sono stati addirittura 2mila e vanno aumentando in aggressività e durata, favoriti dai pesanti tagli al bilancio della Difesa greca conseguenti alla grave crisi economica del Paese.
In realtà, l’impennata delle provocazioni turche contro la Grecia oltre a ragioni storiche ne ha altre contingenti: dopo la tentata prova di forza di Erdogan con l’abbattimento del Su-24, i cieli siriani sono stati blindati da un dispositivo russo che non attende altro che un’occasione per restituire con gli interessi il colpo ricevuto a freddo. Contemporaneamente, il “sultano” sta assistendo al dissolversi delle sue aspirazioni in Siria, di pari passo allo sbriciolarsi delle bande mercenarie attraverso cui voleva giungere al controllo del Paese.
Impotente in Siria, e nella prospettiva di esserlo a breve anche in Iraq, prova a fare la voce grossa con Atene che è in ottimi rapporti con Mosca. Un modo per alzare ancora il livello della tensione nell’area senza rischiare una brutale lezione, ed avere carte da scambiare con i pavidi “alleati” europei della Nato nella partita – sempre più fallimentare – in cui s’è impantanato in Siria ed Iraq.
Sono le mosse disperate di un autocrate megalomane che sta vedendo crollare ogni suo disegno e, rifiutando l’inevitabile sconfitta, apre irresponsabilmente sempre nuovi fronti di scontro, spingendo il suo Paese su una china disastrosa.