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Cisgiordania: palestinesi in sciopero per dire “basta” alle umiliazioni ai checkpoint

di Manuela Comito

Domenica 21 dicembre circa 5.500 lavoratori palestinesi che ogni giorno attraversano il checkpoint nella città di Tulkarem per recarsi in Israele, hanno proclamato uno sciopero in segno di protesta contro le condizioni umilianti e le vessazioni che subiscono quotidianamente all’attraversamento del checkpoint, secondo quanto riportato da Press Tv. I lavoratori hanno dichiarato di essere costretti ad attendere ore e ore, sotto la pioggia o il sole cocente, mentre subiscono ogni sorta di vessazioni da parte dei militari israeliani, e che la situazione va progressivamente peggiorando.

Per lo più impiegati dalle società israeliane nel settore edilizio, i lavoratori palestinesi sono costretti a raggiungere il checkpoint anche alle 2 di notte, per riuscire ad essere sul posto di lavoro alle 6. Le autorità israeliane si sono giustificate asserendo che le lunghe attese sono causate da un rinnovamento della struttura di Tulkarem e che i disagi sono temporanei. Mentre i palestinesi hanno replicato che questa situazione si protrae da sempre presso tutti i checkpoint in Cisgiordania. A conferma di quanto dichiarato dai lavoratori è bene ricordare la vicenda di Adel Muhammad Yakoub, 59enne proveniente dal villaggio di Balaa, morto schiacciato il 6 gennaio 2014, a causa del sovraffollamento al checkpoint Ephraim/Taybeh di Tulkarem.

Sono circa 10mila i lavoratori palestinesi che ogni giorno attraversano il checkpoint di Tulkarem, nel nord della Cisgiordania. Più di 100 checkpoint fissi costellano la Cisgiordania Occupata, a cui si aggiungono i centinaia di checkpoint “volanti”, che pattugliano ogni singola porzione di territorio.
Sapete in quale luogo i lavoratori palestinesi passano le lunghe ore di attesa prima di sapere se potranno recarsi al lavoro? In delle enormi gabbie di ferro: 500 metri di gabbie piene di metal detector e tornelli. Non passare significa perdere la misera paga della giornata, in certi casi il lavoro, per questo spesso ci sono degli scontri tra coloro che attendono. Israele sfrutta mano d’opera palestinese a basso costo fin dal 1948; con l’occupazione della Palestina e lo sfruttamento delle risorse del territorio, ha potuto assicurarsi il controllo dell’economia palestinese, un controllo che nel corso dei decenni ha finito per diventare quasi totale e una forma di occupazione economica.

Per cercare di comprendere la situazione, riportiamo le parole dell’economista palestinese Ibrahim Shikaki: “L’occupazione israeliana, attraverso una lunga e radicata strategia politica, ha reso l’economia palestinese totalmente dipendente dalla propria. (…) Cuore delle politiche israeliane è la restrizione al movimento di beni e persone, attraverso checkpoint, Muro di Separazione, bypass road. Sono due gli effetti negativi più tangibili: l’aumento della macrodomanda di lavoro e il flusso di produzione, ovvero l’offerta di beni che dal centro si muove verso la periferia. Due effetti che hanno provocato un aumento costante del numero di palestinesi costretti a lavorare in Israele e nelle colonie israeliane. Una conseguenza volontariamente provocata da Israele che in questo modo priva la Cisgiordania della sua forza-lavoro”.

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