Cisgiordania, un lager tra barriere e checkpoint
La frequenza con cui l’area di Gerusalemme e il resto della Cisgiordania sono teatro di scontri tra la popolazione palestinese e i militari d’occupazione israeliana ha portato le autorità di Israele ad adottare nuove-vecchie misure di oppressione e controllo. Numerosi checkpoint e posti di blocco sono stati eretti ovunque nelle regioni interessate dalle “rivolte”. Non solo checkpoint ma pure torri di controllo militari, telecamere, barriere e blocchi stradali e filo spinato ovunque.
La strategia israeliana è una corsa disperata a reprimere qualunque manifestazione di libertà dei palestinesi e ad ostacolare intenzioni di Resistenza armata.
L’Ocha, Ufficio Onu per gli Affari umanitari ha contato in Cisgiordania 91 nuovi posti di blocco o checkpoint che vanno ad aggiungersi alle preesistenti 452 barriere di impedimento e di controllo sul movimento. Il dato rappresenta un aumento del 20% e compromette la vita di 850mila palestinesi. Hebron è la città palestinese maggiormente colpita da queste misure.
L’Agenzia Onu mostra un quadro umiliante per i palestinesi quando nello studio condotto sul campo fa emergere che gran parte di queste barriere siano prive della presenza di soldati, pertanto debbano considerarsi un escamotage israeliano per mutare i tratti stradali a favore dei coloni israeliani, vietando la circolazione ai palestinesi che possono impiegare anche un’intera giornata per percorrere meno di 10km.
Molti posti di blocco sono volanti e possono erigersi anche su capriccio individuale dei militari di turno. Per i palestinesi tutto ciò si traduce in attese estenuanti e può concludersi nella scelta di cambiare il proprio percorso mettendo comunque a rischio la propria vita per via della diffusa presenza di coloni ed esercito su tutto il territorio.
Cisgiordania e Diritto internazionale umanitario
Il Diritto internazionale umanitario chiede a una potenza occupante di non interferire con le vite dei civili sotto occupazione. La IV Convenzione di Ginevra proibisce di apportare modifiche allo status quo territoriale, evidentemente disposizione inesistente e impraticabile sulla terra di Palestina martoriata e frammentata dalla presenza di una brutale occupazione militare.
di Redazione