Cisgiordania ad un punto di non ritorno
Domenica 4 ottobre Errab Foqaha, portavoce della Mezzaluna Rossa Palestinese, ha dichiarato che nelle ultime 24 ore più di 80 palestinesi hanno riportato ferite, anche molto gravi, da proiettili e rubber bullets in scontri con i militari e i coloni israeliani. In particolare 18 palestinesi sono stati feriti da proiettili e 59 da proiettili di gomma, a cui vanno aggiunti i 139 palestinesi curati per inalazione di gas lacrimogeni e per i pestaggi ad opera dei coloni e dei soldati. La Mezzaluna Rossa ha dichiarato lo stato di emergenza di livello 3 in tutta la Cisgiordania e a Gerusalemme Est. Ha inoltre denunciato 14 attacchi e aggressioni anche contro il proprio personale e i mezzi di soccorso ad opera di bande armate di coloni e di militari israeliani nelle ultime 72 ore.
Domenica mattina la polizia israeliana ha ucciso a sangue freddo un giovane palestinese, identificato poi come Fadi Samir Mustafa Alloun vicino alla Porta di Damasco nei pressi della Moschea di al-Aqsa. Il ragazzo è stato aggredito con l’accusa di voler accoltellare un colono, mentre un video, girato da testimoni oculari, mostra chiaramente gli ultimi drammatici istanti di vita del giovane che cercava protezione correndo verso una pattuglia della polizia israeliana mentre era inseguito da un gruppo di coloni armati. A seguito dell’uccisione di Alloun, decine di coloni hanno assaltato case e proprietà palestinesi della zona gridando slogan contro l’Islam e contro gli arabi; hanno anche assaltato l’abitazione del giovane martire e rapito 3 dei suoi famigliari.
Da diversi mesi ormai, il regime di Tel Aviv applica severe restrizioni all’ingresso dei fedeli palestinesi nei luoghi di culto sulla Spianata delle Moschee e, secondo i dati forniti da varie associazioni per i Diritti Umani, in media 39 palestinesi a settimana sono stati feriti dai militari israeliani dall’inizio del 2015.
Dopo questa ennesima ondata di sangue Gideon Levy, giornalista israeliano, si interroga dalle colonne di Haaretz su quanto sta accadendo con un articolo dal titolo emblematico: “E’ il sangue israeliano più rosso di quello palestinese?” di cui riportiamo un breve estratto: “Sulla strada per Elon Moreh, nei pressi del bivio di Beit Furik, Naama e Eitam Henkin sono stati uccisi nella loro auto nella notte di giovedì davanti ai loro figli. E’ stato un crimine scioccante. Sulla strada per Elon Moreh, nei pressi del bivio di Beit Furik, Ahmed Khatatbeh è stato colpito a morte nella sua auto un paio di giorni prima. Anche questo è stato un crimine scioccante. Gli Henkins sono stati uccisi a poche centinaia di metri da dove i soldati avevano ucciso Khatatbeh. Tornava da Nablus dopo aver acquistato vestiti per la festa Id al-Adha. Era sordo ed è morto in silenzio. Hanno sparato alla sua auto forse perché non ha sentito l’ordine di fermarsi. I militari hanno inoltre impedito a un’ambulanza la sua rimozione per circa un’ora ed i medici del Rafidia Hospital hanno detto che sarebbe stato possibile salvargli la vita se fosse stato subito ricoverato. Khatatbeh è morto senza clamore. Nessuno in Israele ha mostrato alcun interesse per la sua morte. I titoli dei giornali non hanno urlato, battaglioni non sono accorsi, i villaggi non sono stati circondati e isolati. Questo è anche quello che è successo quando la famiglia Dawabsheh fu bruciata nel sonno. Non sono accorsi migliaia di soldati negli avamposti vicini, non c’è stato alcun blocco agli insediamenti o blocchi di strade o irruzioni casa dopo casa, come è avvenuto a Beit Furik. Il messaggio è chiaro: il sangue palestinese è a buon mercato. In questo momento in cui molti israeliani sono in lutto per gli Henkins, abbiamo il dovere di ricordare le vittime palestinesi, i cui omicidi efferati hanno lasciato orfani e lutto. Più di 20 civili palestinesi sono stati uccisi da soldati israeliani dall’inizio di questo anno relativamente tranquillo, quasi tutti senza alcun motivo. Il loro sangue deve gridare, la loro uccisione è anche la causa del sangue di Na’ama e Eitam Henkin”.