“Chico Forti free”, da Roma si leva alto un grido di giustizia
“L’obiettivo che perseguiamo è una revisione dell’intero processo che scagioni completamente Chico Forti. E che ce lo rimandi in Italia libero e con un attestato chiaro di innocenza”. Così Giulio Terzi di Sant’Agata, diplomatico di lungo corso e ministro degli Esteri nel Governo Monti, durante la conferenza stampa dedicata a Chico Forti, l’italiano condannato all’ergastolo senza condizionale nel 2000 a Miami dopo un processo indiziario foriero di pesanti perplessità.
L’evento, organizzato dall’ampio circuito di persone che si adoperano in Rete per sensibilizzare l’opinione pubblica su questa vicenda, si è tenuto presso la Casa delle Culture, nel cuore di Roma. Oltre a Terzi, erano presenti in qualità di relatori Roberta Bruzzone, criminologa che segue incessantemente il caso, Vincenzo Mollica, giornalista Rai, Gianni Forti, zio di Chico Forti, e Francesco Guidetti, amico che non ha mai abbandonato Chico. Messaggi di sostegno sono arrivati da parte del ministro degli Esteri Emma Bonino e dal giudice Ferdinando Imposimato, legale di Chico Forti. Indispensabile, al fine della riuscita di questa manifestazione in favore del nostro connazionale detenuto oltreoceano, l’apporto delle “Leonesse di Chico”. Maglie d’ordinanza con scritta “Chico Forti Free”, questo nutrito gruppo di donne ha riempito la sala di entusiasmo, di buona volontà e di accenti – anzi, di ruggiti – provenienti da ogni zona d’Italia.
Giulio Terzi, visibilmente colpito dall’energia delle “Leonesse”, ha affermato di condividere la «motivazione etica» che cuce questa tela di solidarietà. «In anni di missioni all’estero – ha proseguito l’ex capo della Farnesina – ho avuto modo di constatare le sofferenze, le difficoltà, la disperazione e la speranza di migliaia di cittadini che si trovavano nella stessa condizione di Chico». Terzi ha poi spiegato di conoscere approfonditamente il «quadro delle prigioni» statunitensi e quindi di comprendere le preoccupazioni intorno alla condizione di Chico Forti. Questo bagaglio di esperienza diplomatica consente all’ex ministro di nutrire un sentimento di «profonda contrarietà» nei confronti della «riduzione, in questi ultimi anni, delle risorse per l’assistenza» al personale consolare. Un provvedimento che mina la tutela degli italiani all’estero la quale, invece, secondo Terzi, «deve essere la direttrice costante del sistema Italia all’estero». L’augurio del diplomatico, infine, è che la mobilitazione in favore di Chico divenga «il simbolo di una storia da riscrivere». Egli è apparso fiducioso circa la possibilità che «questa grande sfida», qual è la revisione del processo, possa venir vinta, se, ha concluso, «una grande campagna di informazione trascinerà il mondo della politica in Italia e negli Stati Uniti».
Revisione del processo che, laddove dovesse mai essere approvata dal Tribunale della Florida, costituirebbe il preludio dell’assoluzione di Chico Forti. Ne è convinta Roberta Bruzzone, che ha detto con un’ardente carica di passione al pubblico: «Vi assicuro, e non ho la minima esitazione a poterlo affermare, che se torniamo in aula giudiziaria, Chico Forti ce lo riportiamo a casa». Serve tuttavia qualcuno, ha osservata la criminologa, che permetta di riaprire le porte di quell’aula giudiziaria. Una neanche troppo velata sollecitazione nei confronti della politica italiana, quella della Bruzzone, che ha richiamato alla necessità di «alzare la voce». «Bisogna fare in modo – ha scandito in modo concitato – che la parte più sana dell’Italia, quella più buona, più forte e più grintosa, quella che vuole fortemente richiamare a sé l’onore dell’essere italiani, alzi la testa e cominci a chiedere a gran voce di attivarsi per questo cittadino».
Gli applausi scroscianti, sinceri, prolungati che sono seguiti alle parole della Bruzzone, hanno preparato l’atmosfera all’intervento di Gianni Forti, colui che è ormai conosciuto da tutti i sostenitori come “lo zio di Chico Forti”. Questo distinto signore trentino, che da anni si batte incrollabilmente per rendere giustizia a suo nipote, ha confidato di sentire «sotto la pelle» la solidarietà e l’amicizia che la vicenda di Chico ha saputo generare. Durante il suo discorso rotto soltanto da un moto di commozione, Gianni Forti ha ricordato che, senza l’impegno dei tanti sostenitori, «la storia di Chico sarebbe seppellita già da tanto tempo sotto una coltre di silenzio». Parole che valgono come uno sprone a proseguire ogni seppur impervia battaglia di giustizia.