Causa palestinese e l’indifferenza delle monarchie del Golfo Persico
Al culmine del nazionalismo arabo negli anni ’60 e all’inizio degli anni ’70, guidato dall’allora presidente dell’Egitto Gamal Abdul Nasser e dal partito baathista siriano, la causa palestinese fu il motore trainante della formazione della Lega Araba nel 1946, una realtà che si presentò più volte nelle guerre arabe contro l’occupazione israeliana.
Tuttavia, con il passare del tempo, si è visto chiaramente che la causa palestinese non suscita la sensibilità dei Paesi arabi nel contrastare l’occupazione e nemmeno fornisce loro una scusa per mettere da parte le loro differenze e unire le fila.
A questo proposito, oltre al ruolo di variabili importanti come l’accordo di Camp David tra l’Egitto e il regime israeliano sotto il presidente Anwar Saddat e i successivi accordi di compromesso come gli accordi di Oslo tra l’Organizzazione per la Liberazione Palestinese e Tel Aviv nel 1993, una variabile chiave è stata il trasferimento della centralità della Lega Araba da Egitto e Siria – e in una certa misura Algeria e Libia – alle monarchie arabe del Golfo Persico che di fatto hanno avviato un passaggio nella Lega Araba dal nazionalismo rivoluzionario, antimperialista e idealista, a un approccio conservatore a difesa degli interessi occidentali che ha portato al riconoscimento del regime israeliano.
Complicità dei regimi del Golfo Persico
Il segno concreto di questo cambiamento di approccio si è manifestato nel piano di pace arabo dell’Arabia Saudita del 2002 e di fatto nel Consiglio di cooperazione del Golfo. La proposta è arrivata a costo di riconoscere l’occupazione israeliana di gran parte delle terre palestinesi e di legittimare l’esistenza di Israele. Nonostante il fatto che gli israeliani non abbiano adempiuto a nessuno dei loro obblighi e abbiano gradualmente occupato sempre più terre palestinesi in Cisgiordania con insediamenti illegali, questa proposta rimane il volto della politica della Lega Araba nella sua gestione della infinita situazione palestinese.
L’approccio conservatore della Lega Araba sotto la guida delle monarchie arabe ha praticamente portato alla diminuzione dell’importanza strategica della causa palestinese nel mondo arabo. Dopo le rivolte arabe del 2011 e lo scoppio dei conflitti in Siria, Yemen e Libia, l’ossessione delle potenze regionali per la rivalità geopolitica e i conflitti per procura ha portato ad un ulteriore allontanamento della Lega Araba dalla causa palestinese.
Durante questo periodo, la Lega Araba, come leva per i governi del Golfo Persico, ha adottato approcci in linea con gli interessi del regime israeliano negli sviluppi regionali. Ad esempio, sotto la pressione dell’Arabia Saudita, questo blocco ha etichettato Hezbollah (Libano) come un gruppo terroristico nel 2016, una decisione che è stata vista come un chiaro segno del coinvolgimento degli interessi regionali con quelli del regime israeliano.
In passato, i Paesi arabi rivaleggiavano tra loro per il sostegno ai palestinesi, ma negli ultimi tempi la politica del Golfo Persico ha fatto di tutto per seppellire la causa palestinese
Causa palestinese e interessi del mondo arabo
Questo approccio passivo e anti-palestinese, che ha messo in ombra le posizioni della maggioranza dei Paesi arabi, arriva quando i risultati dei sondaggi hanno ripetutamente suggerito che le opinioni popolari arabe sono diverse dalle politiche dei governi e tendono al pieno sostegno alla comunità palestinese. Tuttavia, in assenza di partiti politici potenti nella società civile araba e a causa della struttura politica autoritaria o, nella migliore delle ipotesi, pseudo-democratica di questi Paesi, le opinioni popolari non influenzano molto le decisioni dei leader.
Un sondaggio condotto dall’Arab Opinion Index nel 2017-2018 ha mostrato un forte sostegno alla causa palestinese tra gli arabi. In questo sondaggio, il 77% degli intervistati ritiene che la Palestina appartenga ai palestinesi e l’87% è contrario alla normalizzazione con Tel Aviv. Inoltre, secondo un altro sondaggio condotto dall’Arab Youth Survey nel settembre 2023, a cui hanno partecipato 3.600 cittadini arabi tra i 18 e i 24 anni in 53 città di un totale di 18 Paesi arabi, il 61% ritiene che il caso palestinese sia una priorità.
Nonostante nelle monarchie del Golfo Persico vengano imposte gravi restrizioni alle manifestazioni filo-palestinesi, e in un Paese come l’Arabia Saudita, ad esempio, le manifestazioni a sostegno della Palestina siano addirittura considerate illegali, nelle ultime settimane la gente è scesa in piazza nei Paesi arabi per esprimere la propria rabbia per il massacro israeliano contro i civili di Gaza.
Ma sembra che né la crescente febbre popolare di malcontento nei confronti dei governi, né la catastrofica situazione umanitaria a Gaza non porteranno a cambiamenti sostanziali nella politica pragmatica di queste monarchie.
di Redazione