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Caso Regeni: versione egiziana ‘non idonea’ per la procura italiana

di Redazione

Si complica la posizione egiziana in merito alle indagini condotte sulla morte di Giulio Regeni, ricercatore italiano scomparso al Cairo oltre due mesi fa e rinvenuto privo di vita con evidenti segni di reiterate torture sul corpo.

Dopo le iniziali divergenze tra Italia ed Egitto sulla natura investigativa, gli egiziani continuano a fornire prove e ricostruzioni che da Roma ritengono essere “non idonee” con le proprie conclusioni.

“Non idonee” è un’espressione che denota una presa di posizione netta poiché potrebbe stare a significare che “non solo l’Egitto non collabora con le autorità italiane, ma è intenzionato a depistare le indagini”, e ad appiattire l’intera storia su una vicenda criminosa.

Pochi giorni fa una banda di cinque egiziani sarebbe stata scovata e tutti sono stati uccisi all’interno di un covo dove sarebbero stati rinvenuti pure tutti i documenti e i tesserini identificativi di Giulio.

La procura egiziana, guidata da Nabil Ahmad Sadiq, parla di una banda criminale dedita al rapimento di stranieri e camuffata da polizia.

Il procuratore capo Giuseppe Pignatone non ci sta e resta alta la tensione.

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