AttualitàDiritti UmaniPrimo Piano

Caso Regeni tra incapacità italiana e dittatura egiziana

Del caso Regeni pare non interessare più a nessuno se non ai familiari rimasti con un pugno di mosche in mano. Tante promesse ma nei fatti non è successo niente. È rimasto il dolore per una vita spezzata e per la mancata giustizia. Una giustizia giocata sul tavolo verde della real politik, dove l’Italia ha preferito mantenere intatti i rapporti commerciali e politici con l’Egitto, piuttosto che venire a capo del “mistero” che avvolge la morte del giovane Giulio Regeni.

Ne è passata di acqua sotto i ponti; governi di colore diverso, una pandemia, una guerra ma niente si è voluto far smuovere. Nei fatti, la democrazia italiana si è sottomessa ad un regime totalitario, quello di Al-Sisi. I giudici italiani si sono visti ostacolare la strada che poteva portare alla luce gli assassini di Regeni. La democrazia italiana e la politica si sono mostrate disarmate, ammettendo il fallimento e la loro incapacità nel costringere il regime egiziano a fornire una qualche forma di cooperazione giudiziaria.

La scelta politica, sin dal 2016, è stata quella di tenere basso il livello dello scontro in nome del dio denaro, ma si è tenuto alto quello degli affari, degli accordi militari che sono andati avanti sacrificando e calpestando ogni possibilità di giustizia. Una giustizia che rimane vittima della politica che, esplicitamente, ha messo da parte ogni umanità ed ha scelto la parte economica, affermando, nei fatti, che realismo politico e diritti umani sono due rette che non si incontreranno mai. 

Caso Regeni e le omissioni di uno Stato

L’Egitto non ha una partnership particolare solo con l’Italia. Il Paese in mano ad Al-Sisi gode della stima di tutti i governi europei, basti vedere la mappa con i Paesi africani sanzionati dall’Ue e rendersi conto di come manchi proprio l’Egitto. Tornando all’Italia, sino ad un anno fa, si parlava di commesse militari, armi che da Roma arrivano al Cairo per una cifra di un miliardo di euro. Cosa conta, allora, la vita di un giovane ricercatore? Nulla.

Pe trovare i colpevoli della morte di Giulio Regeni basterebbe che Italia ed Egitto si guardassero entrambi allo specchio. Chi in un modo, chi un altro, hanno fatto in modo che non si venisse mai a conoscenza di quanto accaduto al giovane ricercatore.

Le parole, le mancate promesse sono altri colpi che sono stati inferti alla memoria di Regeni, vane sono state le prese di posizione dei Pubblici ministeri romani che avevano trovato nomi e volti. Si sarebbe potuto mettere fine al teatrino messo in piedi da Al-Sisi, si sarebbe potuta dare giustizia anche ai poveri egiziani eliminati dalle milizie del dittatore e fatti passare come i veri colpevoli dell’uccisione di Regeni. Si sarebbe potuto fare tutto questo ma la politica ha detto di No, meglio evitare. Meglio lasciare tutto come si trova, meglio ingrossare le casse dello Stato, meglio farsi beffe della democrazia e metterla sotto il gioco della dittatura.

di Sebastiano Lo Monaco

Mostra altro

Articoli correlati

Lascia un commento

Pulsante per tornare all'inizio

IlFaroSulMondo.it usa i cookies, anche di terze parti. Ti invitiamo a dare il consenso così da proseguire al meglio con una navigazione ottimizzata. maggiori informazioni

Le attuali impostazioni permettono l'utilizzo dei cookies al fine di fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Se continui ad utilizzare questo sito web senza cambiare le tue impostazioni dei cookies o cliccando "OK, accetto" nel banner in basso ne acconsenterai l'utilizzo.

Chiudi