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Caschi bianchi, “eroi” pagati dall’Occidente al servizio del terrorismo

“I White Helmet sono membri di Al-Qaeda e ciò è ampiamente provato”, con queste parole il presidente siriano Bashar al-Assad in un’intervista rilasciata all’agenzia russa Rt si è espresso sulla controversa Ong dei Caschi Bianchi, gli White Helmets, definendoli una copertura al terrorismo e un esempio della grottesca narrativa occidentale. “Gli stessi membri uccidono, compiono esecuzioni e fanno festa sui cadaveri, allo stesso tempo diventano eroi umanitari e prendono pure un Oscar”.

caschi bianchiI Caschi bianchi, che si definiscono un’organizzazione di “protezione civile” opera in territori di siriani controllati dai “ribelli” dove dicono di essere coinvolti in attività esclusivamente pacifiche, come salvare i civili dopo i bombardamenti. E in questa narrativa l’Occidente produce, divulga e premia con un Oscar il corto sui soccorritori-eroi della Siria, “The white Helmets”. Il regista Orlando von Einsiedel ha ritirato il premio ricevendo una standing ovation quando ha chiesto alla platea di alzarsi in piedi e chiedere la fine della guerra in corso in Siria dal marzo del 2011.

Quella dei Caschi bianchi rappresenta uno di tanti esempi di distorsione della verità, sintomatico del “doppio standard” dell’Occidente, in cui eroi e cattivi vengono decisi sulla base delle narrazioni. Per esempio, ha dichiarato Al-Assad, “le loro incursioni contro Daesh a Mosul in Iraq erano qualcosa di buono, di positivo, mentre i raid aerei russi o le incursioni dell’esercito siriano in Aleppo per liberare i civili sono contro i diritti umani, secondo la loro narrazione politica”. Ma il popolo siriano, arrivato al sesto anno del conflitto non crede più a queste narrazioni, ha osservato infine il presidente siriano.

Il losco doppio standard dell’Occidente in Medio Oriente

La pseudo-ong dei Caschi bianchi, meglio definibile come “architetti carismatici della morte” ben esemplifica il losco doppio standard dell’Occidente nel conflitto mediorientale. Vi alludeva Sayyed Nasrallah il leader di Hezbollah, quando parlava di una “guerra soft” multifase, basata su di un insieme di mass media tesi a divulgare propaganda e pregiudizi, spingendo il Medio Oriente, in primo luogo, verso una crisi settaria, prima di scendere ancora di più in regionalismo e, infine, in un individualismo devastante.

La fiducia mal riposta nelle Ong come rappresentative della “società civile” ha permesso all’umanitario complesso industriale senza scopo di lucro di paralizzare in una ipnosi collettiva la società incline a credere a fonti divulgative di false informazioni, tra queste la fonte divulgativa dei Caschi bianchi, a cui i mass media hanno creduto ciecamente, nonostante ottimi studi ne abbiano divulgato la storia nel loro seguire il denaro (Cfr Vanessa Bealy, White Helmets, La guerra nella modalità dell’inganno, 2015) o abbiano dimostrato la falsità dei video di “salvataggio” e la storia ambigua della Ong (Moon of Alabama, 2016), solo per citarne alcuni.

“Shadow Wars: La lotta segreta per il Medio Oriente”

A far luce sul losco doppio standard dell’Occidente in Medio Oriente può essere utile una recente pubblicazione, un tomo di 528 pagine: “Shadow Wars: La lotta segreta per il Medio Oriente” di Christopher Davidson, che cancella completamente la narrazione di serie sulla Libia, Siria, Yemen ed altri conflitti successivi alla “Primavera araba”.

Secondo Davidson, che non è un alternativo ma un accademico, per più di un secolo i complessi di intelligence e militari del Regno Unito e degli Stati Uniti hanno condotto una lotta nascosta contro le forze implicitamente progressiste in Medio Oriente, spinti da un desiderio di vantaggio geopolitico e dal controllo del petrolio. Nonostante la dichiarazione di una “guerra al terrore”, Davidson ritiene che gli strumenti preferiti degli americani e degli inglesi siano stati i movimenti “islamisti”: i Fratelli Musulmani, i Talebani, e più recentemente lo Stato Islamico, descritto come “risorsa strategica” inizialmente utilizzato dall’Occidente come strumento per un cambio di regime in Siria. Davidson analizza questi e altri documenti recentemente declassificati e trapelati per sbloccare una storia oscura, i cui nodi dovrebbero finalmente essere chiari a tutti in Oriente e in Occidente.

di Cristina Amoroso

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