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Caro Renzi, lavoro e crescita non si creano con annunci e tweet

di Salvo Ardizzone

Tra poco, mercoledì salvo qualche slittamento, il nuovo governo varato a spron battuto, che annunciando sfracelli ha promesso di salvare quest’Italia derelitta, metterà in tavola le carte su quello che vuol fare per il lavoro; già son circolati numeri a iosa sul taglio di 10 mld di euro al cuneo fiscale.

Intendiamoci, anche se fosse vero, non è questo che risolverebbe i nostri problemi, ma vorremmo almeno che le carte tanto strombazzate non fossero truccate come al solito; per esempio, vorremmo che fosse chiaro se la cifra sia comprensiva di quanto già stanziato dal governo Letta (2,6 mld) e se sia destinata tutta al 2014 o anche al 2015 (cosa che renderebbe tutto assai meno spettacolare). Inoltre, vorremmo sapere se i 2 mld annunciati per l’edilizia scolastica siano soldi freschi o quelli già stanziati in una decina di provvedimenti varati negli scorsi anni e lasciati a marcire dalla solita burocrazia (e dalla mancanza d’interesse); certo, rimetterli in gioco sarebbe pur sempre meritorio, ma, scusate, è altra cosa. E ancora, nella massa di soldi annunciata per pagare i debiti dello Stato alle imprese, vorremmo sapere (e chiaro) se siano compresi i 20 mld già stanziati, sempre dal governo Letta, per il primo semestre del 2014. In poche parole, ciò che sarebbe legittimo sapere è se Renzi, per giustificare la corsa precipitosa alla poltrona di premier, usi ora le poche penne disponibili dei pavoni che l’hanno preceduto.

Infine, è un’altra la cosa che vorremmo sapere: se fra tutti i provvedimenti annunciati sul lavoro, ci sia quello a nostro avviso più importante: semplificare (tanto, ma tanto!) quel labirinto di norme, circolari e codicilli che bloccano qualunque imprenditore; e badate, qui non si tratta di toccare garanzie, tutt’altro, al massimo toccare qualche privilegio; si tratta soprattutto di render chiara una normativa lunare fatta non per un Paese normale ma di marziani.

E il discorso, se vuole essere serio (ma ne dubitiamo molto), va allargato a tutte le regole della pubblica amministrazione: secondo i dati della Banca Mondiale presi dal Doing business 2014, la nostra è la peggiore di tutta l’Eurozona per quanto riguarda i rapporti con le imprese. Solo per fare qualche esempio: per avere tutti i permessi per costruire un capannone, da noi sono necessari 234 giorni (ed è evidente che nel fare la media non hanno avuto a che fare con certi comuni, certi uffici tecnici e certi uffici del genio Civile, come purtroppo sanno in troppi), in Germania 97; per un allacciamento alla rete elettrica 124 giorni contro i 17 sempre della Germania e per pagare le imposte (chi ci riesce) occorrono 269 ore all’anno contro le 163 della media Eurozona.

Abbiamo detto tanto in tanti articoli del mostruoso potere d’interdizione e ostacolo a qualunque attività che non sia la propria, esercitato dalla burocrazia a tutti i livelli, per giustificare e perpetuare se stessa e il proprio potere sempre più ampio. Ecco: un’azione decisa in questo senso sarebbe il migliore aiuto a chi vuol lavorare; peccato che per farlo occorra tanta conoscenza di quei meandri e soprattutto tanta volontà di combattere quelle lobby potentissime, e noi francamente non le vediamo per niente, anzi.

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