Caporalato: continua la violazione dei diritti
Per la piaga del caporalato l’estate 2018 sarà l’ennesima contraddistinta dalla violazione dei diritti che riguardano i 430mila lavoratori irregolari, a farne le spese saranno gli uomini e soprattutto le donne immigrate che lavorano nelle campagne della Puglia, della Calabria e della Sicilia, mentre la politica discute sulla legge del caporalato che viene invece difesa da associazioni di settore e dai sindacati.
Eppure basterebbe poco, basterebbe che tutti gli uomini e le donne che vengono sfruttati nei campi, sotto i 40 gradi delle campagne pugliesi e calabresi, si ribellassero la situazione diverrebbe insostenibile per tutta la nazione; milioni di italiani legati ad un debole laccio che costa pochi euro l’ora; ecco, se questo accadesse nelle nostre tavole molte primizie che diamo per scontate non ci sarebbero più visto che il mondo dell’agricoltura è contrassegnato da una continua violazione dei diritti che vengono calpestati e negati.
Il settore agricolo per una nazione come l’Italia è un settore importante e di vitale centralità visto che sono molti coloro che vivono intorno ad esso; un mondo duro fatto di sacrifici che sale alle cronache solo quando vi sono casi di morti e di gente scomparsa, un settore che vede aumentare la richiesta di manodopera proprio nel periodo in cui molti vanno in vacanza e le temperature sono altissime.
Nel Giugno scorso, il settore dell’agricoltura è salito agli onori della cronaca per la morte di un migrante che è finito subito nel dimenticatoio visto il gravissimo fatto di sangue in cui ha perso la vita Soumalia Sacko, un attivista sindacale originario del Mali ammazzato nelle campagne calabresi; eppure della legge sul caporalato si è tornato a parlare con l’insediamento del nuovo governo che secondo il ministro del Lavoro, Luigi Di Maio, non sarebbe applicata nel modo corretto ed è necessario avviare delle modifiche al testo.
Luigi Di Maio non è il solo a voler modificare la legge sul caporalato, su di essa è intervenuto anche il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, che in Calabria ha avuto un successo elettorale che sino a pochi anni fa era impensabile; anche lui si è espresso in modo poco lusinghiero sulla legge affermando che vi sono dei buchi e punti di debolezza che vanno modificati il prima possibile. La pensano diversamente le associazioni di settore e i sindacati che nella lettera contro lo sfruttamento del lavoro scrivono testuale: “La legge 199 inasprisce il quadro normativo per il contrasto al caporalato e allo sfruttamento del lavoro in agricoltura, ma prevede anche azioni positive, come la Rete del lavoro agricolo di qualità e le sue sezioni territoriali, che sono volte a prevenire tali fenomeni e a prevedere collocamento e trasporto legale per le imprese e per i lavoratori agricoli. Per questi aspetti, purtroppo, la legge risulta ancora inapplicata e vanno recuperati i ritardi inspiegabilmente accumulati nell’ultimo anno”.
Di ritardi di applicazioni si tratterebbe quindi e da qui la preoccupazione per l’eventuale modifica che aprirebbe le porte ad uno svuotamento dei contenuti più innovativi, soprattutto perché vi è il concreto rischio di modificare o di cancellare in toto la responsabilità in solido delle aziende che è stata introdotta dalla legge 199/2016. La legge quindi andrebbe applicata o al massimo implementata aumentando le responsabilità a tutta la filiera produttiva in modo da garantire massima trasparenza ai consumatori che avrebbero così un ruolo attivo.
A denunciare il ruolo della Gdo (Grande distribuzione organizzata) è la Oxfam che cerca di porre fine allo sfruttamento nelle filiere dei supermercati; il documento pubblicato a Giugno del 2018 dà uno sguardo globale sulla situazione della Gdo ma i numeri italiani sono impressionanti: 430mila sarebbero i lavoratori irregolari, 100mila le vittime di sfruttamento e su 10 braccianti 4 sono donne che sono le più vulnerabili insieme ai migranti; tra di esse anche molte italiane che vengono impiegate nelle filiere dei prodotti più delicati come uva e fragole.
Le donne hanno anche un altro vantaggio, vengono pagate il 20-30% in meno rispetto ad un uomo e sono le più soggette a ricatti e violenza sessuale a testimonianza il numero degli aborti delle ragazze rumene registrato negli ospedali della provincia di Ragusa: 119 nel 2015, 111 nel 2016 che corrispondono al 20% degli aborti praticati nella provincia che è la terza più grande d’Europa per la produzione di ortaggi.
In conclusione, il caporalato è un reato che conviene a tutti, i caporali si sostituiscono agli uffici di collocamento e divengono in questo modo persone di riferimento nella comunità attuando un intermediazione del tutto illegale che, il tutto favorito dall’azione delle organizzazioni criminali; è un macabro circolo vizioso basato su fragilità, omertà e ricatto che nessuno ha avuto la forza o l’interesse di spezzare.
di Sebastiano Lo Monaco