Burkina Faso: quale futuro per il popolo burkinabè stretto tra miseria e imperialismo?
Mentre tutta l’Africa guarda verso il Burkina Faso, il cui popolo coraggioso ha cacciato il presidente, il discepolo prediletto di Parigi per 27 anni, il futuro del Paese rimane avvolto nell’incertezza.
In suo favore gioca il fatto che la società civile, le associazioni di cittadini e alcuni partiti politici hanno preso il controllo del Paese che sembrava condannato alla sottomissione eterna ad un regime corrotto e repressivo, espellendo il presidente. In suo favore gioca anche l’eredità formidabile del sankarismo, un’esperienza politica di soli quattro anni, in cui tra il 1983 e il 1987 furono restituiti ai cittadini la dignità persa e la convinzione che il destino è nelle loro mani.
Il Burkina Faso non dimentica il suo leader, il Capitano Thomas Sankara, modellato come la versione africana del leader cubano Ché Guevara, che nazionalizzò le industrie di proprietà straniera, che tirò fuori dalla tutela della Banca Mondiale il suo Paese, sostenendo la cancellazione del debito internazionale che gli Stati africani sono obbligati a pagare a causa del retaggio del colonialismo e del neocolonialismo.
Il Burkina Faso non dimentica che Sankara fu assassinato dal Capitano dell’esercito Compaoré e dagli ufficiali ribelli. Come pure non dimentica che Compaoré ordinò lo smembramento del corpo di Sankara e il suo seppellimento in una tomba anonima, che Compaoré ha invertito tutte le politiche di Sankara, ha permesso il ritorno della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale, la privatizzazione delle industrie nazionalizzate da Sankara, ed ha ristabilito stretti rapporti con la Francia e gli Stati Uniti, mantenendo il popolo burkinabè nella miseria per 27 anni.
Sta di fatto che molti punti cruciali entrano in gioco nel complesso percorso verso il ripristino di una democrazia “libera”.
Innanzi tutto la reazione militare. In un primo momento era stato il generale Honoré Traoré a proclamarsi responsabile per la transizione del Paese verso la democrazia, dando un periodo di dodici mesi per le elezioni, ma subito il suo nome è stato sostituito dal tenente-colonnello Isaac Zida. L’Africom, con sede a Stoccarda, rapidamente era entrata in azione assicurandosi che i militari del Burkina Faso nominassero il tenente colonnello Isaac Zida come presidente “ad interim” del Paese. Obama, il direttore della Cia John O. Brennan, e Africom erano preoccupati che il principale partito d’opposizione, Unione per la Rinascita/Sankarist Movement (Unir/Ms) avrebbe potuto formare un nuovo governo. C’era la possibilità che diventasse presidente del Burkina Faso il leader Unir/Ms, Bénéwendé Stanislas Sankara, un parente del defunto Thomas Sankara e avvocato per la famiglia Sankara.
MA chi è Isaac Zida? Un laureato della Joint Special Operations Università di MacDill Air Force Base a Tampa, in Florida, e un partecipante al corso di intelligence militare Africom, tenutosi in Botswana, Zida è stato rapidamente trasferito dall’amministrazione Obama per sostituire Compaoré, fuggito nella vicina Côte d ‘Avorio. Il presidente ivoriano, Alassane Ouatarra, la cui madre è nata in Burkina Faso, è considerato come un burattino della Banca Mondiale, del Pentagono e di Israele.
Ora il nuovo governo di transizione guiderà il Paese verso le elezioni del novembre 2015. Dei 26 incarichi di governo sei sono stati assegnati ai militari, tra cui il ministero delle miniere, delle comunicazioni e dell’interno. Il primo ministro Isaac Zida guiderà anche il ministero della difesa dopo aver trasferito i poteri di presidenza ad un civile, Michel Kafando, secondo le richieste del popolo, che nelle manifestazioni del 25 novembre ha preteso le dimissioni di uno dei 26 ministri. Si tratta del ministro Adama Sagnon, accusato di non avere indagato bene sull’omicido del giornalista investigativo Norbert Zongo nel 1998.
Altro punto cruciale da non sottovalutare è rappresentato dagli interessi della Francia e degli Usa nella regione. Parigi, dopo avere appoggiato l’assassinio di Sankara nel 1987, ha trasformato il Paese nella sua base strategica per “condurre la lotta contro il cosiddetto terrorismo islamico”, un’operazione per dissimulare le vere ragioni della sua presenza nella regione: il controllo della produzione di uranio nel Niger, che alimenta il suo programma nucleare e la sua presenza in Mali, dove grandi giacimenti di petrolio, uranio e oro sono in attesa di essere sfruttati e in generale il controllo politico e militare di ciò che accade nel Paese, strategico ai suoi interessi.
Per gli Usa, il Burkina Faso è ugualmente una regione strategica ai suoi interessi, il Paese, sotto l’amico di Obama, Compaoré, ha permesso la creazione di una base di droni Usa nel Paese, un’operazione classificata con il nome in codice Sand Creek. Il futuro del Joint Special Operations Air Detachment degli Usa, che invia droni in tutta la regione sahariana e si trova presso l’aeroporto internazionale di Ouagadougou, avrebbe potuto essere in pericolo, insieme con il grande centro della missione e di intelligenza militare degli Stati Uniti attaccato all’ambasciata degli Usa.
Noi auspichiamo che, come è successo durante gli anni di Sankara, il resto del continente possa tornare a guardare con invidia e ammirazione il popolo burkinabè nella sua ricerca di nuove opportunità, nella lotta contro i tentativi dei militari di prendere il controllo del Paese, contro le potenti ombre della Francia e degli Usa, e ovviamente contro la situazione economica e sociale molto difficile che 27 anni di governo Compaoré si è lasciata alle spalle.