Cronaca

Boss scarcerati, la lista della vergogna

La vicenda delle scarcerazioni dei boss di mafia, n’drangheta e camorra ha creato grande imbarazzo nella sede del ministero di Grazia e Giustizia. Un ministero che si è trovato al centro di quella che è una vera tempesta perfetta che nasce dall’intervista a Di Matteo che riporta alla luce fatti accaduti più di due anni fa che vanno ad alimentare le polemiche per le scarcerazioni dei boss a causa del Covid-19.

La lista incriminata è composta da 376 mafiosi, tutta gente che è stata arrestata per crimini feroci, che governava con metodi feudali il proprio territorio e che adesso, stando a quanto deciso dai magistrati di sorveglianza potrebbero tornare proprio nei luoghi del loro potere mafioso.

Secondo il Dap (Dipartimento amministrazione penitenziaria) negli ultimi 50 giorni le porte delle carceri sono state aperte a 376 fra mafiosi e trafficanti di droga. Di cui 61 a Palermo, 67 a Napoli, 44 a Roma, 41 a Catanzaro, 38 a Milano e 16 a Torino. Un dossier riservato, questo, consegnato dagli uffici del Dap alla Commissione Antimafia solo la settimana scorsa, a seguito delle dimissioni dell’ex numero uno Francesco Basentini, più volte sollecitato a trasmetterlo.

Le motivazioni delle scarcerazioni sono sempre le stesse: rischi di contagio da Covid-19. A poco sono valse le opposizioni dei magistrati della Dda che continuano a far presente, sulla base di numeri e valutazioni scientifiche, come in realtà i rischi di contagio sono nettamente inferiori all’interno delle strutture penitenziarie che all’esterno.

Boss scarcerati

Tra gli scarcerati figurano: Francesco Bonura, il “colonnello” di Bernardo Provenzano Antonino Sacco, reggente del potente mandamento di Brancaccio, feudo dei boss stragisti Giuseppe e Filippo Graviano. Tra gli altri 376 nomi spicca anche quello di Gino Bontempo, uno dei padrini della mafia dei pascoli che fino a pochi mesi fa dettava legge sui Nebrodi, e Francesco Ventrici, uno dei più importanti broker del traffico internazionale di cocaina. Insieme a loro si trovano anche capi mafia di primo piano di camorra e‘ndrangheta come Pasquale Zagaria e Vincenzo Iannazzo.

Tutta gente rinchiusa con il 41/Bis, costato la vita ai giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e gli agenti della scorta. Un procedimento sino allora impensabile visto che la maggioranza dei mafiosi si trovava in quello che veniva chiamato il “Grand Hotel l’Ucciardone” con aragoste, champagne, mogli e amanti che entravano ed uscivano con la complicità della polizia penitenziaria che vedeva e non parlava.

Sull’onda emotiva il guardasigilli Bonafede sta cercando di mettere una pezza alla situazione anche se, c’è da dirlo, in una situazione non emergenziale come questa, l’incresciosa vicenda avrebbe portato alle dimissioni del ministro. La vicenda delle scarcerazioni è stata affrontata con vergognosa leggerezza. Il dietrofront con tanto di Decreto legge che prevedrebbe il ritorno dei 376 in cella, appare più una risposta stizzita.

di Sebastiano Lo Monaco

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