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Bombe a grappolo, il 97% delle vittime sono civili

Secondo il “Cluster Munition Monitor”, in meno di un anno sono stati almeno 76 gli attacchi in Siria con le bombe a grappolo.

Cosa sono le bombe a grappolo?

Le bombe a grappolo o cluster bombs hanno un raggio di azione pari a circa 100 metri. Secondo un accordo internazionale del 2008 questo tipo di munizioni sarebbe bandito. A determinarne il divieto è sostanzialmente la loro forza distruttrice: al momento dell’esplosione rilasciano in maniera casuale, e quindi incontrollabile, schegge di metallo con danni devastanti sulla popolazione civile. Gli ordigni inoltre molto spesso non esplodono al momento ma con il passare del tempo, prolungando così la loro pericolosità.

Il rapporto Cluster Munition Coalition

La Cluster Munition Coalition (Cmc) nei suoi rapporti annuali registra un costante aumento delle vittime in Siria e in Yemen proprio per l’uso di bombe a grappolo. Sempre secondo l’organizzazione: “In Siria gli attacchi con munizioni cluster sono aumentati da quando la Russia ha avviato le operazioni militari congiunte con le forze del governo siriano alla fine del settembre 2015”. 352 vittime, 360 attacchi solo in Siria, 13 diversi tipi di bombe dal 2012 al 2016, questo almeno secondo le forze di Damasco.

Bombe a grappolo, la prima denuncia di Hrw

Non è la prima volta che si parla di uso di bombe a grappolo. Lo scorso inverno Human Rights Watch (Hrw) aveva denunciato l’uso di cluster bombs in Yemen, dove la coalizione saudita avrebbe impiegato decine di ordigni a grappolo contro i combattenti sciiti Houthi, e negli scontri tra Armenia e Azerbaigian per la contesa della regione del Nagorno-Karabakh. Hrw aveva anche denunciato il fatto che molte delle bombe impiegate erano di tipo Cbu-105, fabbricate da un’industria statunitense.

La posizione degli Usa

Si deve ricordare che tra i 116 Paesi firmatari dell’accordo del 2008 che mette al bando le cluster bombs, non rientrano gli Stati Uniti, l’Arabia Saudita e la Russia. Inoltre, gli Stati Uniti sono autorizzati ad esportare gli ordigni, a patto che ne sia stata “verificata l’efficienza”.

di Federica Albano

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