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“Nessun golpe, l’Ungheria vuole solo tutelare le sue tradizioni”. Intervista a Claudia Leporatti

di Federico Cenci

“Golpe bianco” è il termine comodo, di pronto uso, a cui parte della stampa nostrana fa ricorso per etichettare le politiche di Viktor Orbán, primo ministro conservatore dell’Ungheria. In nome di non meglio precisati “valori europei”, si mette così al bando il tentativo di tutelare l’interesse nazionale sopra a ogni prescrizione o ingerenza provenienti da Bruxelles e da Wall Street.
Le semplificazioni dovute all’ostracismo dei media però possono distorcere la realtà dei fatti, fornendo all’opinione pubblica un’immagine del Paese magiaro e del suo Governo caricaturale, pertanto inaccettabile.
È per questo, per ricavare un’opinione competente e non viziata dal pregiudizio, che abbiamo contattato Claudia Leporatti, una nostra connazionale che vive e lavora a Budapest, dove si occupa di comunicazione aziendale e della testata italiana Economia.hu, dedicata all’economia ungherese.

Gran parte dei mezzi d’informazione occidentali annunciano con toni allarmistici le modifiche costituzionali operate dal Governo ungherese, arrivando persino a parlare di “golpe bianco”. La situazione, analizzata dall’interno, è davvero così aderente a certe rappresentazioni mediatiche?
Quello che mi stupisce è lo stupore, il “gridare” al colpo di Stato. Mi pare che Orbán sia stato molto chiaro fin dall’inizio del suo mandato, nel 2010, su quali fossero le sue intenzioni. Una nuova Costituzione, un potere forte, la protezione delle tradizioni e degli interessi locali. Quello che ha ottenuto la maggioranza dei due terzi dei seggi alle politiche di tre anni fa è un esecutivo conservatore e protezionista, che quando decide di effettuare una modifica la fa, a costo di doverla far accettare come misura transitoria per poi introdurla modificando la Carta Fondamentale. Questo è di fatto quello che è successo con questo quarto emendamento alla Costituzione entrata in vigore nel 2012.

Soprattutto, in nome del pluralismo dell’informazione, viene messa all’indice la legge sui media. Chi meglio di te, che svolgi la professione di giornalista in Ungheria, può dirci se realmente questa legge costituisce un “bavaglio di regime” nei confronti della stampa…
Posto che l’attenzione sulla tutela della libertà di stampa è molto importante e deve essere tenuta alta, noto che la critica e la satira su Orbán sono pubblicate senza ostacoli. Nelle edicole e nei manifesti di Budapest si vedono vignette di tutti i tipi, molte delle quali ridicolizzano i membri del Governo, non credo che i vignettisti, i comici e nemmeno i giornalisti debbano emigrare. Mi è successo di scrivere articoli contro alcune scelte di Orbán e non ho ricevuto nessun tipo di contestazione, eppure so per certo che quello che scrivo viene letto dal Governo, che ha del personale dedicato e poliglotta.
Ma del resto anche in Italia si parlava di mancanza di libertà sotto Berlusconi, nonostante ci siano stimati giornalisti che vivono della critica contro l’ex premier. Ribadisco comunque, da giornalista e amante della scrittura, che mi rallegro di vedere monitorata la libertà di espressione. Ci sono d’altronde delle disposizioni nella tanto contestata legge sui media che danno ragione dei timori europei: mi sembra assurdo che a una radio, ad esempio, sia imposta una certa percentuale di musica magiara. E se un canale volesse dedicarsi al rock americano? Dove sarebbe il problema?

Eppure anche in Francia, sin dal 1994, senza che ciò abbia mai provocato alcun “timore europeo”, esiste una legge che richiama le emittenti a un obbligo simile, per tutelare la musica nazionale…
Interessante, comunque, non avevo idea che ci fossero assurdità simili anche in altri Paesi!

Secondo la tua percezione, la società civile ungherese come sta vivendo l’ostracismo che i media europei esprimono nei confronti del Governo Orbán? Il consenso nei suoi confronti è calato? Cosa prevedi per le elezioni del prossimo anno?
Orbán è stato eletto con una vasta maggioranza e stando ai sondaggi può dormire sonni tranquilli. Con mosse relativamente semplici come abbassare le tariffe delle bollette, inoltre, ottiene rilevanti picchi di consenso. Ci sono comunque anche degli strenui oppositori e centinaia di delusi, che lo hanno votato e non ripeteranno la stessa scelta. La vittoria è altamente probabile, secondo molti quasi certa e in effetti è difficile pensare che questo Governo abbia passato certe leggi che ne amplificano il potere se nutrisse il dubbio di poter essere sconfitto nel 2014.

Il più accreditato sfidante di Orbán, Gordon Bajnai, è un politico apprezzato dai mercati, rappresentante della cosiddetta “tecnocrazia”. Credi che questo possa penalizzarlo? Com’è vista la Troika in Ungheria?
Bajnai, già primo ministro tra il 2009 e il 2010 alla guida del Governo tecnico instaurato dopo le dimissioni di Ferenc Gyurcsány, è un economista giovane e competente e personalmente penso che sia una figura molto positiva, che ha le cartucce per organizzare un “restauro” di un’opposizione al momento troppo frammentata per costruire un solido consenso. Quello che penso lo penalizzi sia il fatto di non essere un politico e di avere alle spalle una squadra di validi esperti che come lui non sono però dei politici.
Sinceramente non ho rilevato un’opinione comune degli ungheresi verso la Troika, che nel 2008 ha salvato il Paese nel momento più acuto della crisi economica. Posso dire che non penso che sia questo legame a mettere i bastoni tra le ruote a Bajnai. Bisognerà semmai vedere se il futuro candidato saprà venire a patti con il resto dell’opposizione e creare una coalizione in grado di offrire un’alternativa concreta e in grado di governare. Il tempo non è molto, ma mi risulta che il nuovo partito “Insieme per il 2014” si stia dando da fare per farsi conoscere, anche nei centri minori.

È notizia di questi giorni la nazionalizzazione della compravendita di gas in Ungheria. Questa operazione rivela la volontà, più volte espressa pubblicamente da Viktor Orbán, di rafforzare i legami con il colosso del gas, Gazprom, e dunque con la Russia. In ragione dei problemi tra Ungheria e Unione europea, pensi che un’apertura ad est possa rappresentare un viatico proficuo per il Paese magiaro?
Non posso prevedere se sarà o meno proficuo, posso dire con certezza che è questa la linea scelta dal Governo di Orbán, confermata in più occasioni e da diversi esponenti dell’esecutivo. Russia, ma anche Cina, Caucaso e Paesi arabi. Stati dove l’Ungheria si sta inserendo aprendo le sue “trading house” e con cui intende attuare le esportazioni, puntando sul suo manifatturiero.

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