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Birmania: il massacro silenzioso dei musulmani Rohingya

«I fatti di cronaca che arrivano dallo Stato dell’Arakan mostrano davvero quanto sia fragile il processo di cambiamento in Birmania. Questo non è un dramma esploso per caso. Vi sono diversi segnali che indicano che dietro a questa drammatica vicenda – gli scontri e le persecuzioni – vi siano dei gruppi filogovernativi e vicini ai militari, assieme a movimenti estremisti interni». A parlare è Aye Chan Naing, direttore del sito dissidente Democratic Voice of Burma, in una intervista rilasciata ad Asia News.

La nuova ondata di violenza contro i musulmani Rohingya è iniziata il ventotto maggio scorso a Maungdaw, in Birmania, al confine con il Bangladesh, dopo lo stupro e l’uccisione di una donna locale di religione buddista. Poi il tre giugno, a Toungup, diverse centinaia di persone hanno attaccato un autobus di musulmani che era diretto a Yangon provocando undici morti. Da qui in poi gli scontri tra le comunità sono aumentati sempre di più e alcune testimonianze raccontano di migliaia di abitazioni musulmane distrutte, di stupri sistematici su donne e bambini e di molte persone costrette a scappare dai propri villaggi.

La comunità Rohingya, costituita da 800mila persone, sono il popolo che nessuno vuole: in Birmania non è riconosciuta tra le etnie del Paese e il Bangladesh – che ospita diverse centinaia di migliaia di rifugiati – non vuole aiutarli e ha ordinato alle organizzazioni umanitarie Medici Senza Frontiere, Action Against Hunger e Muslim Aid Uk di cessare il proprio aiuto ai rifugiati che attraversano il confine per sfuggire alle violenze etniche e religiose. I Rohingya vengono considerati dalla Birmania come degli immigrati irregolari tanto che il regime ha recentemente chiesto l’intervento dell’agenzia dei rifugiati per il loro spostamento in altri Paesi.

In un rapporto presentato da Human Rights Now si legge che le forze di sicurezza birmane avrebbero fatto ben poco per arginare la violenza. «Le forze di sicurezza birmane – ha detto il responsabile asiatico di Hrw, Brad Adams – non sono riuscite a proteggere le popolazioni Rohingya e Rakhine l’una dall’altra, e poi hanno lanciato una campagna di violenza e arresti di massa contro i Rohingya. Il governo del Paese afferma di essere impegnato nel porre fine agli abusi e alle violenze etniche ma, i recenti accadimenti nello stato Arakan, dimostrano che la persecuzione, sponsorizzata dallo Stato, persiste. Tutto questo è accecato da un racconto romantico di cambiamento improvviso della comunità internazionale».

di Redazione

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