Bangladesh sull’orlo del baratro
Bangladesh – Quasi mai gli errori storici possono essere riparati con un semplice colpo di spugna; essi infatti si dilungano nel tempo, perché nella storia anche il posizionamento fuori posto di una minima pietra, potrebbe cambiare per sempre il volto dell’umanità; uno di questi errori, è sicuramente rappresentato dalla scellerata stagione coloniale occidentale in Africa e Asia. In questi due continenti, ciò che il colonialismo occidentale ha combinato, ha ancora oggi ripercussioni sulle società di quei popoli difficilmente sanabili in poco tempo.
Nella capitale Dacca, ma anche a Chittagong ed in altri centri del Paese, gli scontri tra manifestanti e forze dell’ordine sono all’ordine del giorno. Lo Stato asiatico sta vivendo una delle stagioni più delicate e violente dalla sua fondazione recente, avvenuta nel 1971. Cosa c’entra, potrebbe sorgere spontanea la domanda tra voi lettori, il colonialismo con degli scontri di piazza in uno dei Paesi più poveri dell’Asia? Il nesso consiste, nel fatto che una sentenza della Corte di giustizia del Bangladesh, ha riaperto delle ferite mai rimarginate ma sempre coperte all’interno della società, che affondano le proprie radici sulle artificiali e poco sensate divisioni territoriali poste in essere dall’impero inglese.
La grande colonia indiana infatti, non comprendeva semplicemente l’odierna India con Delhi capitale, ma anche gli attuali Pakistan e Bangladesh. Questa enorme porzione di Asia, comprendeva etnie e provenienze religiose troppo distanti e diverse nella storia tra loro, che mai tra di loro hanno manifestato particolare simpatia.
Due Stati
Così, al momento dell’indipendenza, si decise di attuare una vera e propria mostruosità politica, creando due Stati: uno di maggioranza indù, l’attuale India appunto, ed uno stato invece islamico, frazionato però in due entità distanti tra loro migliaia di chilometri. In proporzione, è come se Spagna e Grecia fossero un unico Stato con capitale Madrid, con i greci costretti ad oltrepassare i Balcani e l’Italia per recarsi nella sede centrale del governo.
Si creò infatti il Pakistan, diviso in due tronconi: il primo comprende l’attuale Pakistan con capitale Islamabad, l’altro invece l’attuale Bangladesh con capitale Dacca, in mezzo a queste due porzioni enormi di territorio, si piazzava l’India. È chiaro che prima o poi una situazione del genere non poteva affatto reggere e così negli anni ’60 si creava in Bangladesh un movimento indipendentista, con a capo la “Lega Awami”, che tramite elezioni andò al potere nel 1970, ma una rivolta popolare, causata dal malcontento per la cattiva gestione dei soccorsi a seguito del passaggio di un tifone, impedì ai dirigenti di tale partito di arrivare a prendere il potere.
Dietro queste rivolte, vi era il partito Jamaat-e-Islami che riteneva la divisione dell’unico Stato musulmano della regione, contraria al volere di Dio e dunque armò quella che poi passava alla storia come guerra di indipendenza del Bangladesh.
Indipendenza del Bangladesh
L’intervento dell’esercito indiano a favore della Lega Awami nel 1971, permetteva al Bangladesh di ottenere l’indipendenza, ma i morti sul campo furono parecchi, causati da numerose razzie perpetuati da molti esponenti del Jamaat Islami: furono uccisi molti civili, intellettuali e sostenitori dell’indipendenza del paese e furono inferte ferite profonde alla società del nascente Stato.
Ma al fine di arrivare il più presto possibile ad una certa stabilità, i crimini commessi durante la guerra venivano accantonati e sottaciuti, specie quando dal 2001 al 2006 Jamaat-e-Islami andava al governo insieme con il partito nazionalista del Bangladesh.
Dal 2011 in poi, i Tribunali di Dacca hanno aperto le porte per i primi processi su quanto era accaduto nel 1971, portando alla condanna a morte di Delwar Hossain Sayedee, 73 anni, vice presidente del Jamaat-e-Islami, considerato uno dei principali responsabili dei crimini contro l’umanità. Di sicuro, l’inizio dei tanti auspicati processi che dovrebbero fare luce sulla guerra del 1971, hanno causato una sorta di effetto “vaso di Pandora”, scoperchiando quindi tensioni difficilmente celate in questi decenni ed adesso accentuatesi fino agli effetti violenti a cui stiamo assistendo.
di Mauro Indelicato