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Banche globali: il lupo perde il pelo non il vizio

di Salvo Ardizzone

La crisi che ci rosola ancora non è nata nell’economia reale, quella che produce beni e servizi, è nata nella finanza; è nata dalle banche troppo grandi e troppo avide, che invece di fare il loro mestiere tradizionale (che dovrebbe essere prestar soldi agli imprenditori), hanno pensato di guadagnar di più (molto di più e molto più facilmente) inventandosi le più spericolate operazioni finanziarie, e quando alla fine gli è andata male, hanno bussato cassa ai governi che si sono svenati ed hanno distrutto l’economia reale per sostenerle. Questo si sa. Quello che si sa meno è che, malgrado tutto, la lezione non è servita a molto (tanto la bolletta vera l’hanno pagata i governi e quindi la gente) e oggi siamo in procinto di ricaderci.

Andiamo coi fatti: sotto la spinta degli avvenimenti, erano state messe in campo delle riforme sia in Usa (la Volcker rule che conteneva il divieto del “trading proprietario”) che nella Ue (l’accordo Basilea 3, che conteneva disposizioni sulla “leva finanziaria”) tentando di regolamentare i due fattori principali che avevano condotto alla crisi. Ma di che si tratta?

Il “trading proprietario” è la compravendita di titoli che la banca fa in proprio e non per i clienti, in parole povere agisce come un qualsiasi speculatore con i soldi che ha in bilancio: se tutto va bene ci guadagna la banca (cioè i suoi azionisti e i suoi manager, pagati soprattutto in funzione degli utili a breve), se va male, beh, peggio per la banca, cioè, oltre che per gli azionisti (ma quelli, anche se spesso i più piccoli sono all’oscuro di certe manovre, hanno pur sempre rischiato acquistandone le azioni) anche per gli ignari depositanti, a meno che, come troppo spesso accaduto, siano gli stati a metterci i denari (cioè i cittadini). Di qui la proibizione di questa pratica nella stesura originaria, però, visto che spesso non è semplice distinguere quando la banca compra per sé o per un cliente, invece di disciplinare il punto, alla fine s’è preferito dire che le banche potranno detenere una “ragionevole” quantità di titoli motivati da una futura vendita ai clienti (un po’ come un magazzino scorte d’una ditta), guardandosi bene dallo spiegare che diamine significa “ragionevole”.

Scampato pericolo per gli speculatori, infatti, alla notizia del nuovo testo approvato, a Wall Street i titoli Goldman Sachs e Morgan Stanley sono schizzati all’insù.

E le disposizioni sulla “leva finanziaria”? Per comprendere bisogna ricordare che le banche erogano linee di credito e mutui, acquistano titoli, operano in derivati, con una quantità di denaro a garanzia delle operazioni assai modesta; in sostanza, il rapporto fra i capitali impiegati e quelli che li garantiscono è la leva finanziaria. Visti i disastri degli anni passati, con Basilea 3 si intendeva portare questo rapporto almeno al 3% (si, avete capito bene, 3 € di capitali di garanzia per 100 € di impieghi, perché prima era davvero peggio), e ci si è riusciti, malgrado feroci resistenze delle banche. Ma qui si sono scatenate le lobby (e accidenti se sono potenti!) e l’ultima versione dell’accordo è zeppa di deroghe e trucchi contabili per aggirare l’ostacolo, tanto che al momento dell’approvazione definitiva, le più grandi (e più interessate) hanno festeggiato in borsa lo scampato pericolo: Deutsche Bank con guadagni del 4,7%, Commerzalbank addirittura del 5,51% (dovevano essere messe proprio maluccio le granitiche banche teutoniche per tirare un simile sospiro!) e Barclays con un più modesto 2,86%.

Per comprendere meglio la realtà, citiamo uno studio di Credit Suisse: con le deroghe approvate, Deutsche Bank avrebbe una leva del 2,6%, Barclays del 3,6% e Ubs del 3,2%; solo Deutsche avrebbe bisogno di un intervento di ricapitalizzazione, ma piccolo. Ma senza le deroghe? Deutsche Bank avrebbe avuto una leva dell’1,8%, Barclays del 2,5% e Ubs del 2,3%; sarebbero stati dolori per loro, costrette o a una ricapitalizzazione non semplice di questi tempi, o a contrarre gli impieghi (e c’è da scommettere che ad esser penalizzati sarebbero stati quelli diretti all’economia reale, non certo alla speculazione), però i mercati sarebbero stati assai più sicuri. Ma il pericolo è scampato, potranno continuare a fare ciò che han sempre fatto.

In conclusione e per inciso, ricordiamo ai lettori che la crisi è sorta perché banche troppo grandi, con impieghi troppo sbilanciati su attività speculative, avevano una leva abnorme. Ebbene: oggi, i sistemi bancari inglese e francese hanno impieghi quadrupli del Pil dei rispettivi paesi; quello tedesco tripli, ma con una solidità del sistema assai più dubbia (soprattutto nella pletora delle banche locali); inoltre, per non farci mancar nulla, secondo i dati della Occ, J.P. Morgan detiene da sola derivati per 71.000 mld di $ (somma pari al Pil mondiale), Bank of America per 61.000 mld di $ e Citigroup per 58.000 mld di $.

Come si vede, può sembrare assurdo ma non è cambiato nulla (o quasi), i disastri di questi anni non hanno insegnato niente e ci sono i presupposti di un nuovo Big Bang finanziario nel mondo. Certi lupi possono perdere il pelo ma non certo il vizio.

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